Regia di Ryan Murphy vedi scheda film
Quando il cinema fa capolino sul piccolo schermo, state pur certi che 99 volte su 100 c’è lo zampino di HBO. Tante serie imprescindibili (I Sopranos, Boardwalk Empire, True Blood, Il Trono di Spade, The Leftovers, giusto per citarne alcune) ma anche diversi film in grado di trattare i temi più disparati senza rinunciare ad una serietà d’intenzione e a una qualità di realizzazione davvero invidiabili. L’ultimo in ordine di tempo ad arrivare qui da noi è “The Normal Heart”, intenso dramma socio-sentimentale incentrato sull’inesorabile propagarsi del virus HIV all’interno della comunità omosessuale di New York nei primissimi anni ’80. Lunga e accorata genesi di una terribile epidemia, poi destinata a mettere in ginocchio il mondo intero, dapprima fraintesa – vedi alla voce cancro gay – poi respinta e infine ghettizzata come una piaga troppo scomoda da affrontare alla luce del sole. È su questi binari che si muove sicuro il lavoro di un riscoperto Ryan Murphy, partendo dalle vicende private di Ned Weeks - fra i primi ad intraprendere una campagna di sensibilizzazione alla malattia - per approdare al più ampio disagio di tutta una generazione composta dai figli della rivoluzione sessuale rivelandone gioie, paure, contraddizioni e un instancabile spirito combattivo. Il terrore del contagio, gli studi medici, la minaccia sessuale, le vigliaccherie politiche ma anche toccanti storie d’amore, amicizia e fratellanza che si alternano in una danza emotiva di grande impatto, più vicina alle dinamiche sentimentali di “A Single Man” che a quelle legal di altri lungometraggi a tema come “Philadelphia”. Ben scritto e sorprendentemente vario nel girato nonostante una quantità industriale di strazianti primi piani, “The Normal Heart” ha inoltre il pregio di narrare in maniera obiettiva, senza schierarsi, senza aver paura di mostrare e senza eccedere in frivolezza e retorica, catturando un momento storico importante e ricordandoci che il problema è tutt’altro che estinto. Produzione televisiva extra lusso, quindi, in termini di mezzi e contenuti in cui è possibile riassaporare persino i piaceri della grande recitazione attraverso prove memorabili come quella di Mark Ruffalo. Bravo al punto da valorizzare oltremisura buona parte del cast, Julia Roberts compresa.
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