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Get on Up

Regia di Tate Taylor vedi scheda film

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La recensione su Get on Up

di barabbovich
5 stelle

Nella nutrita schiera di biopic musicali che da una decina d'anni a questa parte stanno invadendo le sale di mezzo mondo non poteva mancare quella di una delle figure più controverse e rappresentative della musica nera americana: James Brown (Boseman). Figlio di NN, cresciuto da una madre (Davis) che lo abbandonò precocemente, "Little Junior" venne allevato in un bordello, dove imparò a cavarsela da solo in qualsiasi situazione. A cambiargli la vita fu l'incontro con un uomo misericordioso come Bobby Byrd (Ellis), il quale, a dispetto del carattere eccentrico e spesso intollerabile del cantante, gli rimase sempre a fianco: dalle prime esperienze con i Famous Flames al successo mondiale che Brown ottenne tra la fine degli anni cinquanta e gli anni settanta. Dopo quel periodo, tra guai legali (la droga ma ancor di più le pulsioni manesche con le donne gli costarono la reclusione) e l'arrivo della disco music (del quale a tutti gli effetti Brown fu un anticipatore), la sua carriera andò comunque avanti fino all'inizio del XXI secolo. Morì nel 2006.
Taylor Tate è un bianco al quale piace dirigere film sui neri: alla sua opera seconda dopo The help, il regista del Mississippi ricostruisce la traiettoria artistica di questo genio del rhythm'n'blues, del funky e del soul, precursore di legioni di altri musicisti e stili, facendone risaltare soprattutto la musica (qui, rispetto ad altre biografie cinematografiche in chiave musicale, ce n'è moltissima nelle 2 ore e 20 di film), espressione sublime di una carriera trascorsa tra spaccate sul palco e spacconate nella vita privata, con vezzi insopportabili come quello di multare continuamente tutti, espressione di un'avidità inarginabile.
Interpretato dal somigliante ma poco convincente Chadwick Boseman, James Brown esce dal film come un uomo sostanzialmente solo a dispetto del grande carisma, ambiguo rispetto alla questione dei diritti dei neri e preoccupato soltanto di tenere alta l'asticella del successo. Cinematograficamente piuttosto convenzionale (le parti migliori sono le riprese sul palcoscenico), il film prodotto da Mick Jagger ha dalla sua il merito di avere raccontato, con un montaggio che incastra dimensioni temporali differenti, una delle figure di maggior spicco dell'intera storia del rock.

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