Regia di Marco Risi vedi scheda film
Sei attori non più giovanissimi sono in cerca della consacrazione, barcamenandosi come meglio riescono e tentando tutto il possibile per raggiungere la gloria.
La vita è come una partita di calcio: con tre tocchi vai in gol. Al di là della discutibile (insulsa?) morale, pregna di retorica facile quanto sterile, Tre tocchi non è neppure un brutto film: è un impietoso ritratto delle miserie umane, prima ancora che artistiche, che un aspirante attore è costretto a ingoiare pur di portare avanti il proprio sogno nell'Italia di inizio ventunesimo secolo. Cosa c'entri con tutto ciò Marco Risi, figlio di uno dei più famosi registi nostrani e fin da giovanissimo inserito senza alcuna fatica nel mestiere dal padre, non è subito evidente; ma questa non va vista come una critica, al contrario: Risi - anche sceneggiatore, insieme a Francesco Frangipane e Riccardo di Torrebruna - riesce comunque a inquadrare il sottobosco 'ai margini della professione di attore' con precisione e amara sincerità, rinunciando a eccessive drammatizzazioni. D'altronde le sue capacità sono ormai fuori discussione da tempo; buone le scelte di casting, che premiano numerosi volti poco noti inseriti nei ruoli centrali (Emiliano Ragno, Leandro Amato, Massimiliano Benvenuto, Vincenzo De Michele) e tengono al margine della narrazione i nomi più celebri (Luca Argentero, Valentina Lodovini, Marco Giallini, Francesca Inaudi, Claudio Santamaria). In un cameo nel finale compare anche Paolo Sorrentino, nei panni di sè stesso. Evocare Pirandello e i suoi Sei personaggi in cerca d'autore pare inevitabile, ma al tempo stesso pure sufficientemente fuori luogo; qui i sei personaggi centrali sono in cerca innanzitutto di sè stessi e la furia con cui perseguono tale ricerca non giustifica la conclusione dolciastra, che sostanzialmente vede concretizzarsi i 'tre tocchi' del titolo. 4/10.
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