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Tre tocchi

Regia di Marco Risi vedi scheda film

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La recensione su Tre tocchi

di steno79
5 stelle

Festival Internazionale del Film di Roma- Sezione Gala   Un affresco corale ambientato nella Roma dei giorni nostri in cui si intrecciano le storie di sei aspiranti attori, ognuno con il proprio percorso umano e professionale più o meno “incasinato”, tra piccoli successi e inevitabili fallimenti sentimentali, ma sempre animati da un desiderio di riscatto personale. Questi sei attori, oltre alla recitazione, hanno in comune un’altra passione: il calcio, e spesso si incontrano anche sul campo di gioco scoprendo un’insospettata solidarietà tutta al maschile.

Da tempo non seguivo la carriera registica di Marco Risi, di cui so che film recenti come “Cha cha cha” o “Fortapasc” hanno avuto accoglienze molto positive dalla critica, e per curiosità ho visto questo nuovo film presentato al Festival. Con tutto il rispetto per Risi, “Tre tocchi” mi sembra un’occasione mancata: se da un punto di vista tecnico è girato con competenza, la sostanza tende a scadere nei luoghi comuni da fiction televisiva, le storie parallele si incastrano con difficoltà e, quel che è peggio, non appassionano, restando qualche gradino al di sotto degli affreschi corali mucciniani come “L’ultimo bacio”, che già molti critici non amarono, ma era girato con uno slancio narrativo sicuramente più coinvolgente. Qui invece si resta nel campo delle buone intenzioni, ma non si rinuncia a colpi bassi melodrammatici (l’imbarazzante scena in cui Ida Di Benedetto prega in ginocchio il suo Antonio Folletto di non lasciarla, nonostante i trent’anni di differenza), trovatine grottesche di dubbio gusto (Emiliano Ragno che fa un provino con un regista che si traveste da donna e, sai che novità, vuol essere preso a schiaffi, e poi la scena si chiude prima che il travestito gli faccia un bel “blow job”, suggerito anche nel segmento narrativo della Di Benedetto di cui parlavo prima), l’immancabile intervento dei cattivi della Camorra per l’attore napoletano, interpretato da Leandro Amato, che anche lui ha il vizietto di travestirsi a teatro, trasformandosi nel trans Jennifer. Più divertente, forse, l’esito della storia di un altro attore che torna nella natia Matera e si dichiara ad una cicciona, baciandola in mezzo alle onde mentre la ragazza può mostrare le sue forme prosperose. Nel complesso, però, le tessere del mosaico sembrano buttate a casaccio, l’idea del gioco del calcio come passione comune è un pretesto che poteva essere usato molto meglio, i dialoghi hanno poco mordente e a tratti non mancano tocchi di maschilismo banali e perfino fastidiosi. Gli attori, tutti emergenti o poco noti, fanno quel che possono, qualcuno riesce anche a ritagliarsi qualche momento discreto, ma non possono certo riscattare una struttura logora e traballante come quella fin qui descritta; inutili le brevi comparsate di Valentina Lodovini, Luca Argentero, Marco Giallini e del premio Oscar Paolo Sorrentino.

Voto 5/10

 

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