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La prochaine fois je viserai le coeur

Regia di Cédric Anger vedi scheda film

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La recensione su La prochaine fois je viserai le coeur

di EightAndHalf
6 stelle

"The myriad choices of his fate
Set themselves out upon a plate
For him to choose
What had he to lose" [The Black Angel's Death Song - Velvet Underground]

 

L'ondata neo-polar del cinema francese del Nuovo Millennio è indubbio che guardi nei casi maggiormente ricorrenti più a Jean-Pierre Melville che non all'ultimo Claude Chabrol, in quanto sembra avvalersi di un linguaggio narrativo ritmico e incalzante come in un La deuxieme souffle piuttosto che di uno sguardo entomologico e sottilmente dissacrante come in un Au couer du mesonge. E' la strada alternativa - nostalgica - a quella innovativa intrapresa da Chabrol dopo i primi lavori (evidentemente figli illegittimi, anch'essi, del polar classico), quella più pedantemente tradizionalista, quella di un qualunque Olivier Marchal (36 Quai des Orfèvres, sopravvalutato) o di un - più che onesto - Lucas Belvaux (Rapt o l'ottimo 38 Temoins). La prochain fois je viserai le coeur di Cédric Anger, che si rifà proprio a questa seconda non-chabroliana mise en scène, è una pellicola robusta e forte di un ottimo Guillame Canet interprete protagonista e di una regia felicemente feconda di idee, sia in sede di taglio dell'immagine che in sede di montaggio (visivo e sonoro). L'utilizzo della musica nel film di Anger ha un ruolo fondamentale, poiché agisce inconsciamente sull'andamento della pellicola (circolare, e non rettilineo), riconducendola all'inizio dei percorsi già intrapresi, e in spirali eternamenti svoltanti - e svuotanti.

 

Nella provincia francese grigia e mortuaria, in cui non splende mai il sole, Franck tira avanti come gendarme di giorno - talvolta anche di notte - e come assassino di ragazze la notte - ma sovente anche di giorno. In realtà la sua vita razionalmente ordinata e scissa in queste due schizofreniche esistenze subisce presto una deviazione disorientante quando dichiara a se stesso di essersi innamorato di una giovane donna, Sophie. Il rapporto tormentato con questa donna cerca di essere valvola di sfogo per il desiderio di normalità di Franck, che accusa il mondo di egoismo e ipocrisia, e trova il suo modo di vivere più vero e istintivo di quello degli altri. Ma non per questo il più giusto: nonostante evochi la sincerità e la menzogna, è proprio lui a usare in modo più contraddittorio queste due realtà. Con l'opposizione delle due morali Anger gioca neanche con troppa onestà, evitando di affrontare di petto la questione se non in termini narrativi (nascondere le prove, fuggire, non farsi riconoscere, fare il doppio gioco). E la storia stessa non appare nemmeno troppo originale, certamente più azzardata la trama del killer di Pascal Cervo in Dernier Séance di Laurent Auchard: benché lì le pretese di Auchard fossero molto diverse, quella era comunque la dimostrazione che osare in termini di narrazione non può che far bene all'economia di un film, e alla possibilità che esso rimanga pur col passare degli anni. 

 

Eppure La prochaine fois je viserai le coeur dimostra che con un utilizzo coerente e professionale del materiale filmico e profilmico (quindi di ciò che immanentemente si vede) una storia banale può diventare un pretesto giustificabile per imbastire una cantilena compulsiva e affascinante su un modo anomalo di vivere un ossessione. Nonostante l'utilizzo ricorrente della musica, Anger non si lascia tentare dalla sincronia immagine-suono, procurando sia nelle deviazioni rock (The Black Angel's Death Song dei Velvet Underground) sia nei leitmotiv uno straniamento funzionale al discorso formale del film. Non si disdegna l'idea di una regia invisibile, che però attrae a sé l'attenzione dello spettatore con un montaggio secco e spietato, che talvolta si diletta con i moti relativi rispettivamente del suo personaggio, del paesaggio aurorale eterno presente/assente e dei mezzi di trasporto che al protagonista passano vicino o su cui lui stesso si trova. Il film a conti fatti appare come un vero e proprio manuale della suspence, che qualcosa deve pure al maestro del brivido Alfred Hitchcock. L'ansia e il disturbo che sa abilmente procurare diventano oltretutto sintomi sia del malessere del personaggio, sia della coraggiosissima volontà di non permettere allo spettatore di etichettarlo, e di definirlo con cognizione di causa folle, maniaco, razionalmente gelido o genio del crimine.

 

Per antitesi, La prochaine fois je viserai le coeur potrebbe essere accostato a Shame di Steve McQueen, con le dovute distinzioni. Sebbene nel film di Anger non c'è l'intenzione di svuotamento narrativo del film di McQueen, e neanche la stessa idea di 'doppia vita' del protagonista intesa in termini squisitamente cinematografici (Anger non approfondisce esteticamente il dualismo esistenziale di Franck laddove invece McQueen tenta in maniera azzardata di 'mettere in mostra' la vita di Brandon mostrandone paradossalmente ed eversivamente il lato più oscuro), lo stesso ripiegamento castrante e frustrante, inclassificabile, della dipendenza, risuona in entrambi i film, come un martello pneumatico che fa inspiegabilmente deviare la bussola dal proprio polo magnetico. Entrambi disorientanti (chi in modo più classico, chi meno), condividono lo stesso percorso dei loro personaggi: la quotidianità della compulsione, il tentativo (fallito) di normalità, la mancata redenzione e l'ammissione del proprio baratro. Probabilmente Brandon con molto più dolore e onestà, comunque, di un Franck più cinico, disilluso, e per questo stranamente più ingenuo, criptico. Privo di respiro.

 

 

 

Guillaume Canet

La prochaine fois je viserai le coeur (2014): Guillaume Canet

 

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