Regia di Philippe de Chauveron vedi scheda film
Di primo acchito verrebbe da pensare a una "cura Ludovico" per il simpatico popolo leghista, raro esempio di tolleranza e intelligenza (sì, è ironia, bisogna dirglielo), ma a pensarci un attimo il film - ennesimo campione di incassi in terra di Francia - non potrebbe sortire effetto alcuno. Scollegato in maniera palese da qualsiasi possibile riscontro con la realtà - sono tutti belli bravi buoni puliti edu(l)c(or)ati e benestanti -, Non sposate le mie figlie! non è altro che un prodotto per famiglie, sostanzialmente innocuo, classicamente rassicurante. E apertamente finzionale (basta la trama dalla forma-consistenza aneddotica: genitori di ricca famiglia cattolica vedono le proprie quattro belle figlie bianche sposarsi rispettivamente con un ebreo, un arabo, un cinese e infine un nero. Chapeau!). Insomma, al cinema, per un'ora e mezza, si possono anche vestire i panni (cattocomunisti, per usare un termine ricorrente nel film di Philippe de Chauveron) di chi è moralmente superiore, aperto al dialogo (e finanche all'unione) interrazziale.
Pleonastico rilevare e riferire dell'assenza di vera cattiveria (gratuita o meno) e di sano cinismo, della prevedibilità narrativa ed estetica, del senso di stucchevolezza perdurante che esplode nell'edificante, buonista finale danzereccio.
Eppure, stante la fattura media e banale della pellicola (che mantiene quello che promette, null'altro), le cose,altrettanto banalmente, funzionano. La raffica di battute e gag a cui si è sottoposti, per quanto talora prevedibile o di facile entità, è travolgente ed assicura risate piene se non sguaiate. Persino difficile tenerne conto; e questo perché i ritmi sono indiavolati, e gli attori (dai volti e corpi impeccabilmente azzeccati) convincenti e confacenti (ei toni, alle situazioni, al ritmo). Capofila la faccia nota di Christian Clavier de I visitatori.
Ed anche se il tutto può apparire eccessivo, troppo sopra le righe, o artefatto (ad esempio la figlia iperemotiva che realizza quadri inquietanti, oppure le bizzarrie assortite del capofamiglia africano), non importa, giacché l'accumulo umoristico - pur leggero, mai scurrile né politicamente scorretto (qualunque cosa stia a significare, ormai), ma nemmeno stupido - è tale che il film scorre via che è un piacere.
Non sarà – non è – senz'altro tra i migliori esemplari del genere, ma Non sposate le mie figlie! (titolo originale Qu'est-ce qu'on a fait au Bon Dieu?) costituisce alla fine un altro pesante tassello che compone l'efficacissimo complesso della tradizione francese della commedia brillante/demenziale. I cugini la sanno fare, dannazione.
Solo a pensare ad un eventuale italica trasposizione (fanta-horror-casting: De Sica che fa il padre, Raoul Bova l'arabo, Argentero l'ebreo, Gassman con gli occhi tirati il cinese, De Luigi abbronzato il nero, e le figlie, le prezzemoline Chiatti, Lodovini, Foglietta, Capotondi; con Brizzi o Veronesi o Miniero o giù di lì a "dirigere", e la consueta sporca mezza dozzina di cosiddetti autori a sceneggiare/scemeggiare) vengono i brividi.
Qu'est-ce qu'on a fait au Bon Dieu? ...
[piccola nota conclusiva, indispensabile come il taglio del prepuzio a un eunuco: la biondina Élodie Fontan (interpreta Laure, la più giovane delle figlie ingrate, quella che provoca il casino fidanzandosi con il franco-ivoriano), è una gnocca clamorosa. E mi si perdoni ma anche no il tecnicismo]
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