Regia di Eric Lartigau vedi scheda film
Sono tutti sordomuti, i Bélier, eccetto Paula, la figlia. Che è figura fondamentale per fare da interprete - dal francese al linguaggio dei segni, e ritorno - in occasione del presentarsi della famiglia sulla scena sociale. E interprete è un eufemismo: perché il suo ruolo è anche quello di mitigare, rendere accettabili agli interlocutori, i burberi, schiettissimi discorsi dei genitori, agricoltori e allevatori, totalmente affrancati dalla lingua dei convenevoli sociali. E politici: tanto che Bélier padre, stanco dei ritornelli retorici del sindaco, decide di candidarsi alle elezioni. In gioco, in questa storia, ci sono la responsabilità e l’ipocrisia del linguaggio, genitori infantili e figli maturi, un coming of age basato soprattutto su un’espressione di sé che passa dal farsi ascoltare dai padri e dal loro sordo egoismo. Perché l’handicap, qui, trova una giustificazione simbolica. E se si pensa che la via per l’emancipazione di Paula è quella del canto, il lessico si fa limitato ed eticamente discutibile. Il concept alla base è il seguente: commedia media caricaturale d’ambientazione provinciale, ancoraggio nullo al reale, tranquilla prevedibilità, feticci culturali (Michel Sardou), una stella di The Voice da far cantare (Louane Emera, César come attrice del futuro), equivoci giocati sulla disabilità (per un’integrazione nell’immaginario che apparentemente non passi dal politicamente corretto, vedi Quasi amici), ecumenismo di fondo. Non è che non funzioni. È che non ci piace.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta