Regia di Jeff Nichols vedi scheda film
Tra fughe e inseguimenti, il fato che non si può ingannare e pericoli sempre più imminenti, Jeff Nichols approccia più generi e si appella alla fantascienza in stile spielberghiano per raccontare una storia fortemente umana, con diversi punti di vista attorno. Affascinante, ma solo fino a un certo punto.
Il 2016 di Jeff Nichols è stato intenso, a quattro anni da Mud si è, infatti, ripresentato con ben due titoli, Loving in concorso a Cannes e appunto Midnight special presentato al Festival di Berlino.
Ancora una volta, in scena affida tanto a Michael Shannon, anche se è la storia a essere la reale protagonista facendo tesoro del cinema fantascientifico formato bambino – con relativo sogno a occhi aperti che attraversa le paludi del rischio – di un tempo.
In televisione non si parla d’altro che di Alton (Jaeden Lieberher), un bambino rapito, che in realtà è in fuga con suo padre Roy (Michael Shannon) e Lucas (Joel Edgerton).
Per il bambino il pericolo si annida tra chi li bracca, con una setta religiosa guidata da Calvin Meyer (Sam Shepard), che vede in lui l’unica possibilità di salvezza da un imminente armageddon, e gli agenti governativi, convinti che invece sia una minaccia per l’umanità.
Alton ha in dote poteri speciali che lo attraggono verso la scoperta della verità.
Midnight special è un dramma con tratti tensivi, legati all’appartenenza (di sangue o semplicemente etnica), e alla fantascienza declinata al paranormale con evidenti echi spielberghiani (lo stesso regista ha dichiarato di essere debitore, tra gli altri, di Incontri ravvicinati del terzo tipo).
Tutto verte su un bambino speciale sotto osservazione, tutti lo vogliono ma per ragioni differenti, affetto imprescindibile (non posso evitare di preoccuparmi per te, il nostro è un trattato inestricabile dice Roy), possibile salvatore o minaccia da eliminare.
La verità non può che stare da una parte, quella giusta, in un conto alla rovescia scandito da segnali sempre più insistenti con un mistero, dischiuso per passi, che lentamente si distende.
Jeff Nichols propone un percorso delimitato da strappi in grado di comunicare fascino, solleticando la memoria cinefila e raccontando di destini scritti, con tratti dolci che avanzano di pari passo con altri insidiosi, ma la coesione è precaria, per non dire proprio deficitaria, e la fantasia rimane incartata in una manciata di modalità espressive.
Il cast è diligente, Michael Shannon è ormai in simbiosi con il regista, Kirsten Dunst è lontana dai tempi delle vergini suicide, come madre senza trucco e senza inganno, mentre è un peccato veder frenato il pur volenteroso Adam Driver.
Alla fine, siamo (parecchio) distanti da Mud - anche se ritorna un rapporto fuori dalla normalità adulto-ragazzino che inocula parentesi umane e personali e tanti esterni diurni hanno caratteristiche analoghe – si può apprezzare una mano leggera alla regia, soprattutto quando esce dalla semplice traiettoria operativa (una corsa a fari spenti, un passaggio dalla strada al cielo) e le intenzioni che sono indubbiamente genuine, ma lo stupore immaginifico rimane contenuto, il brivido emotivo mitigato, per una miscela d’ispirazione limitata che si alimenta di appigli sensoriali.
Sobrio, rarefatto e un po’ ingenuo.
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