Regia di Nuri Bilge Ceylan vedi scheda film
La definizione di “miglior regista turco di oggi” non spiega molto di Nuri Bilge Ceylan: è il classico autore difficile e inimitabile che tradizionalmente viene onorato dai premi speciali della giuria. Anche se quella di Cannes 2014 gli ha riservato la Palma d’oro. Come si fa a parlare di un cinema in cui la solitudine e l’estraneità del mondo e della società vengono rotti da estenuanti confronti verbali che parlano di tutto tranne della verità che il film ci mostra? Il protagonista, ex attore, columnist su un quotidiano locale, proprietario terriero e gestore di un pregiato resort in Anatolia, è un controverso enigma per lo spettatore come per la giovane e bellissima moglie e la sorella divorziata con le quali vive. Entrambe finiranno per rimproverargli la protezione e la generosità con le quali le avvince. Ma è proprio il disturbo della sua immagine la cosa più interessante del film: è un torpido patriarca che dispensa per chiunque bonomia e attenzione o un anziano disincantato e arido il cui controllo del territorio compensa antiche ambizioni insoddisfatte?
Dolcezza e cinismo, rassegnazione e rancore sbozzano il volume della sua figura per una durata fluviale: 196 minuti che vedono quasi sempre in scena il protagonista, Haluk Bilginer, attore dal volto nobile e carismatico che ha alle spalle molto teatro britannico. Non è facile entrare. All’inizio è come sedersi in una casa fredda e umida in cui qualcuno tenta con esasperante lentezza di accendere un camino. Ma se rimanete non sarà facile uscirne. La densità cecoviana di rimpianti del passato e sentimenti irrisolti, l’irrompere della maestosa indifferenza della natura (una tempesta di neve e un cavallo da domare filmati magnificamente), la qualità ipnotica del passare del tempo: Il regno d’inverno - Winter Sleep, più che un film, è uno spettacolo da incontrare, anche fortuitamente, come una quercia centenaria o un ciclopico cumulonembo nel cielo. O come un formidabile romanzo: al pari di Theo Angheopoulos, Nuri Bilge Ceylan sembra ascoltare in ogni istante il rumore perenne dell’eternità; come il suo connazionale Orhan Pamuk trasforma la provincia in un altrove misterioso; come Haruki Murakami sembra sapere che in uno sguardo si celano sempre più cose di quelle che si trovano tra cielo e terra.
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