Regia di Eddie Romero vedi scheda film
La visione del film è strettamente consigliata a quei malati di mente che possano e riescano ad immedesimarsi negli spettatori dei "drive in" della provincia americana del tempo che fu!
Terzo capitolo di una sgangherata saga horror partorita dal cinema americano ultraminore in collaborazione con produttori filippini iniziata nel 1968 con “Il terrore sull’isola dell’amore”. Visto il successo commerciale, vennero realizzati nei due anni successivi ulteriori due episodi, ancorchè totalmente slegati dal primo: “Mad Doctor in Blood Island” (mai circolato nel nostro Paese) e questo “La bestia di sangue”, che può essere definito come l’ideale seguito del secondo.
L’ex clone povero di Elvis John Ashley, poco più che comprimario nel primo episodio nel quale si trovò ingaggiato quasi per caso, decise di prolungare la sua permanenza in terra filippina proponendosi per i successivi lavori, oltre che come attore protagonista, anche in veste di cofinanziatore occulto, motivando probabilmente la sua scelta di rimanere nell’anonimato per sfuggire, si pensa, alle richieste economiche dell’ex moglie!
A tal proposito se Ashley era un semplice assistente nel “Terrore sull’isola dell’amore”, in questa sede riveste la parte del Dottor Bill Foster, medico e insigne scienziato intento a dar la caccia al terribile e sadicissimo Dottor Lorca (interpretato dal prolifico caratterista filippino Eddie Garcia, discretamente efficace nel suo ruolo), che continua i suoi folli esperimenti su cavie umane iniettando loro clorofilla al posto del sangue (sic!). Memore di un passato da rockettaro, il buon Ashley ci propone un look che assai poco si addice a un luminare: capigliatura iperimpomatata stile John Travolta in “Grease”, ciuffo ribelle e camicie a fiori rigorosamente aperte a intravedere il petto villoso (ci mancava solo il giubbottazzo di pelle alla Fonzie ed eravamo a posto!!). Ad aiutarlo nelle indagini ci penserà la giornalista Myra Russell, il cui ruolo è affidato a un’algida Celeste Yarnall, sempre perfettamente acconciata e abbigliata (manco fosse appena uscita da Gucci), anche nelle più perniciose sortite nella giungla filippina.
Il regista Eddie Romero, che aveva preso il posto dell’anziano Gerardo De Leon, costruisce un plot assai meno interessante del primo film, riprendendo anche in questa occasione gli stereotipi della sci-fiction americana degli anni cinquanta ispirata al romanzo di H. G. Wells “L’isola del Dottor Moreau”. Mancano infatti, rispetto al primo episodio, tutti quei personaggi bizzarri e folli che movimentavano la storia a discapito di un budget ridotto all’osso. Le numerose escursioni nella foresta per ricercare la Yarnall, rapita dal Dottor Lorca per attirare in trappola il suo acerrimo nemico Ashley, risultano estenuanti, ripetitive e noiose, a riempimento di una sceneggiatura a dir poco carente e nella quale si inseriscono dialoghi assolutamente irritanti nella loro puerilità. La vicenda, sia pur nel suo disarmante infantilismo, è inoltre trattata in modo frettoloso, farraginoso e poco lineare, lasciando irrisolti e scarsamente comprensibili non pochi segmenti narrativi: (chi è il mostro della clorofilla e perché uccide?, Perché Lorca decide di mantenere in vita la testa del Dottor Ramon, suo acerrimo nemico e perché vuole installarla su un nuovo corpo?).
A differenza del primo film, risulta invece più marcata la componente “gore”, riguardo alla quale si segnalano i fiotti di sangue conseguenti a sventagliate di mitra, nonchè i dettagli delle folli operazioni chirurgiche del Dottor Lorca. Se “gli uomini clorofilla”, frutto dei terribili esperimenti del detto Dottor Lorca risultano ai limiti del risibile, assolutamente da ribaltarsi dalla poltrona la scena finale con la testa del Dottor Ramon che improvvisamente si mette a parlare e a comandare a distanza un corpo decapitato per aggredire ed uccidere il nostro terribile mad doctor.
Sul versante dell’erotismo, manca totalmente rispetto al primo film, quell’atmosfera malata e morbosa che contribuiva non poco alla logica “weird” della sia pur sgangherata vicenda. Il rapporto fra Ashley e la Yarnall è un po' quello di "Biancaneve con il Cavaliere venuto a salvarla" e che culminerà in un fintissimo amplesso con esibizione per un discreto numero di secondi dei seni della fascinosa giornalista.
Da antologia del trash il tentativo di seduzione della bellezza locale Liza Belmonte nei confronti “ca va sans dire” della nostra rockstar dei poveri Ashley. Nonostante la procace filippina si sia prodigata in preliminari degni delle più scafate prostitute di Manila, il nostro bel dottore con brillantina e ciuffo (anche nella foresta???), evidentemente con in testa le “grazie” della Yarnall, concluderà facendo clamorosa cilecca, mandando "in bianco" la pur volonterosa spasimante!!
Sempre in fatto di assurdità non possiamo tralasciare la confessione del mad doctor di essersi salvato grazie al suo servitore muto al quale aveva impartito nozioni elementari di pronto soccorso (ehh??), nonché la testè citata Belmonte, abile e coraggiosa combattente che non esita a squartare e uccidere a colpi di machete gli sgherri del Dottor Lorca, ancorchè perennemente agghindata con pareo e corona di fiori, stile animatrice villaggio Alpitour!!
In definitiva “La bestia di sangue”, pur rimanendo in sostanza un “grindhouse” piuttosto dimenticabile rispetto al meglio riuscito primo capitolo, è un'opera che comunque consente alla nostra fantasia malata di adoratori dello strange e del weird, di immedesimarci in quegli spettatori dei mitici drive in della provincia americana di un tempo ormai remoto, i quali, chiusi nelle loro Chevrolet scassate, più che a guardarsi il film, pensavano piuttosto a sgranocchiare popcorn e a palpeggiare la pulzella di turno.
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