Regia di Peter Greenaway vedi scheda film
Il nuovo capolavoro di Peter Greenaway! Un film sul grande maestro russo non poteva certo non avere come punta di diamante un montaggio che meriterebbe l’Oscar e che omaggia e gioca con le teorie del montaggio ejzenstejniano. Le azioni e le frasi si ripetono in maniera ossessiva e antinaturalistica; la macchina da presa si colloca insistentemente al centro geometrico delle stanze; i piatti si rompono come se piovesse; piove sui primi piani dei cadaveri; teschi e scheletri danzanti affollano le inquadrature; lo schermo si splitta e si ricompone; iconiche fotografie d'epoca e porzioni di metraggio sovietico si accavallano a quelle originali di Greenaway; immagini di cibo si sovrimpressionano agli elenchi verbali delle differenze tra le colazioni russe e messicane. "Guarda quei tre! Sembrano ostili..." sussurra il cicerone di Ejzenstejn indicando fuori campo. E quei tre compaiono immediatamente dopo in un minaccioso primo piano con i fucili imbracciati e lo sguardo Kulešovianamente inespressivo fisso in macchina. E Elmer Bäck! Dove sei stato finora? Dov'è la tua candidatura all'Oscar per la migliore interpretazione? Con la sua fisicità flaccida e molliccia da clown, con una volgarità congenita eppure classicheggiante, ellenistica ci regala un'interpretazione sublime, delineandoci un Ejzenstejn tanto eccentrico quanto brillante, un po' schizzato e irriverente, curioso, divertito ma sempre rispettoso della cultura messicana.
Ma Bäck e il montaggio sono solo il fiore all'occhiello di un'opera d'arte perfettamente orchestrata e che rende onore al merito ad ogni reparto. L'eccentrica, poliedrica e grottesca scenografia gioca con i virtuosismi fotografici e luminosi di Reinier van Brummelen (uno su tutti, la camera da letto rialzata ha come principale fonte di luce il pavimento piastrellato in vetro che crea un gioco di ombre sui personaggi e se possibile rende ancora più grottesco il volto di Ejzenstejn), gli eccentrici costumi di Ana Solares si integrano in modo ironico alla narrazione e il trucco rende plastici i corpi spesso nudi dei personaggi, in particolare quello di Sergej che si ritroverà protagonista di una particolare "iniziazione".
E l'ironia che pervade tutto il film riuscirà a far appassionare anche quella porzione di pubblico che non conosce il regista russo e che non potrà cogliere i sottili omaggi che Peter Greenaway porge continuamente al maestro di tutti i cineasti. In effetti, "Eisenstein in Guanajuato" non nobilita (nel caso ce ne fosse bisogno) solo la figura del protagonista, ma l'intera storia del cinema.
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