Regia di Audrey Dana vedi scheda film
11 donne a Parigi fanno una garrula (sara)banda femminile e femminista della peggior specie - di quelle che ambirebbero a raccontare dal proprio interno il complesso universo rosa ed invece si riducono a fare il verso alle più orribili volgari commedie ormonal-sentimentali.
Orchestrata da Audrey Dana - che scrive (i dialoghi - sic!), dirige ed interpreta un vorace esemplare che al culmine della generosità si fa dare della puttana dal gineceo riunito a festa (mesta) e descrizioni di torture per punirla in quanto rubamariti -, l'operetta francese - che flirta col meteo come corrispettivo delle turbolenze affettive - è una commedia moscia, insulsa, lunga (due ore) e allungata come una brodaglia insipida in cui gettare rimasugli stantii e riciclati per distrarre dalla pochezza della portata.
Un compendio amorfo di sketch malriusciti, che non vanno mai a segno (quantunque la si butti sul triviale), di battute e scenette da caserma - che l'immancabile amico scemo ci farebbe pervenire via smartphone - aventi ad oggetto tette, piselli, timidi approcci che via sms sfociano nel «campo lessicale del culo»; e come oggetti di scena dildi che oltre al piacere della vibrazione offrono la seconda funzione di una lieta espressione registrata («pensa alla mia fica»). Ovvero, l'"alleggerimento" al Verbo, intriso di argomenti "esclusivi" quali il ciclo, le donne frigide e gli uomini porci nonché scemi, i tradimenti incrociati, la scoperta delle gioie del lesbismo, il cunnilingus.
Ma tutto, ovviamente, (stra)parlato (e parlato, parlato, parlato ...), detto, riferito, messaggiato, spiato, spifferato: siamo alle solite (ciance, e "trasgressioni" prudenti pulite e vestite per l'occasione).
Isterismi, faccette, smorfie, sguardi fissi se non imbambolati (vedere per non credere la strarifatta, tumefatta Isabelle Adjani e il suo viso da bambolina: mette paura), d'altronde, sono il flaccido repertorio del manipolo di macchiette d'inimmaginabile entità. Ci sono l'avvocato impegnato (Laetitia Casta) accompagnata da molesti rumori intestinali, vomiti e flatulenze, tanto timida quanto scatenata a letto (le piace mordere capezzoli e infilare le dita nell'ano del partner); la stronza manager in carriera ipertestosteronica (Vanessa Paradis, rinsecchita e spenta) che paga una sua dipendente affinché le organizzi una serata tra amiche in quanto sprovvista; la autista di bus affetta da tic facciali (risate, eh!) che sbatte la testa liberandosi così di ogni inibizione sessuale finendo col farsi la star americana che tutti credono "pederasta". Ed ancora: la babysitter lesbica, la giovane mamma stanca che anela ad essere considerata (e desiderata) come donna, quella matura che non vuole credere alla menopausa né alle voglie della figlia ... Persino la brava ragazza figlia di una che ha ucciso il marito che ne abusava (frammento tragico insulso e fuori luogo, ma utile poiché "a tema").
Imprescindibili le frasi-verità: si va da «i fuochi d'artificio sono come la clitoride: servono solo a dare piacere» a «senza uomini ci annoieremmo», ad autentiche perle come «chi non gode non è una vera donna» e brevi (as)saggi filosofici quali «siamo tutti le puttane di qualcuno».
La reunion finale, a base di chiacchiericcio, scenate e scemate assortite, temporali, bevute e fumate, risolve - cioè liquida - cose storielle e argomenti: il degno preludio alla gaia chiusa danzereccia avente come sfondo la piazza davanti la Tour Eiffel.
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