Regia di Andrej Zvyagintsev vedi scheda film
Kolya è un meccanico, un artigiano, che ha costruito con le proprie mani la sua casa, in riva al mare di Barents, nel nord della Russia, dove un paesaggio aspro e affascinante accoglie l'andirivieni delle balene, leviatani del mare. Attorno a questo personaggio, duro, vedovo, gran bevitore di vodka, impersonato da Aleksey Serebryakov, in un prova d'attore magnifica, che mi ha ricordato il Peter Mullan di "Tyrannosaur", il regista costruisce una parabola biblica, una ricerca morale, prima, e un desolato sguardo, poi, sulla Russia di oggi. Kolya, suo figlio, la giovane compagna Lilya, una splendida Elena Lyadova, l'amico avvocato e il corrotto sindaco del piccolo paese, sono figure che si muovono fra le macerie e i relitti: le case sventrate, le vecchie chiese ortodosse aperte al cielo e diventate rifugio per ragazzini, fra i falò e i dipinti sacri, gli scheletri delle navi, chiglie marce ribaltate sull'acqua, e gli scheletri dei cetacei, arenati a morire, che come gigantesche creature leggendarie sbiancano le loro ossa al sole. Tutto, compresa la casa di Kolya, sa di passato e di morte, le stesse persone non hanno futuro, perse fra un tiro al bersaglio ai vecchi ritratti della nomenclatura comunista e litri su litri di vodka. Il futuro sono le parole che suonano vuote del patriarca religioso locale, il malaffare, la corruzione, le ruspe, che saranno i veri leviatani, il vero mostro biblico che segnerà indelebilmente il film e il destino dei protagonisti. Zvyagintsev, già autore degli splendidi "Il Ritorno" e "Elena", dà vita a un racconto potente e asciutto nello stesso tempo, dividendo, quasi, il film in due parti distinte, con la prima meno interessante ma propedeutica a un crescendo di grande intensità e bellezza, sostenuto, come già detto, da una prova attoriale magnifica. Il resto lo fanno le immagini e la storia che si racconta. Un film molto importante e molto bello, giustamente candidato agli Oscar e, chiaramente, snobbato. Grande Cinema.
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