Regia di Alix Delaporte vedi scheda film
VENEZIA 71. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA - CONCORSO - PREMIO MARCELLO MASTROIANNI A ROMAIN PAUL
Dopo l'esordio apprezzabile con Angèle et Tony nel 2010, torna, anche a Venezia, ma direttamente ed opportunamente in concorso, la regista Alix Delaporte, riformando per l'occasione la coppia, questa volta scoppiata da tempo e non in via di costituzione come nel precedente, costituita dai bravissimi Clotilde Hesme e dal gigante buono Grégory Gadebois.
A Montpellier l'arrivo di un celebre direttore d'orchestra, giunto ivi per dirigere la Sesta Sinfonia di Mahler, mette in moto il tentativo, opportunista e meditato, del quasi quattordicenne e sveglio Victor di farsi riconoscere come figlio naturale (quale è realmente) dal celebre musicista. Da una breve relazione con la bella (ed ora malata di cancro) madre del ragazzo, nacque infatti 14 anni prima e non certo intenzionalmente, il nostro dinamico ed atletico giovane protagonista.
Contattato il padre per farsi dare almeno una parte dei soldi che permettano il ricovero della madre, in condizioni sempre più precarie da quando ha deliberatamente interrotto la chemio, Victor si accosta, quasi incidentalmente, al fascino della musica classica, che non conosce per nulla, stuzzicato apparentemente in modo distratto dal freddo e duro padre, molto meno insensibile di quanto potrebbe apparentemente sembrare.
Il colpo di martello del titolo fa riferimento ad un accorgimento scaramantico che permise al grande musicista Mahler di affrontare favorevolmente un periodo piuttosto tormentato della propria esistenza: momenti che Victor, nel suo piccolo-grande mondo privato, conosce molto bene, anelando ad una serenità familiare che è convinto nel suo intimo di meritarsi.
Pur sfociando senza vergognarsi nel coté anche sfrontatamente melodrammatico, accentuato da una certa predilezione per inquadrature insistite di tramonti pur gradevoli e non disturbanti, la regista dimostra di saper affrontare con pertinenza la materia e la storia, senza farsi inghiottire nei gorghi pericolosi e senza uscita del piagnisteo, ma al contrario emozionando veramente grazie ad una conduzione lucida e disincantata e quasi scarna della vicenda che rimane ancorata alla concretezza di vite comunque ai margini, sia della città che della società che li accoglie, seppur da distante, confinate in case-baracche che sono camper e poco più ai bordi di una spiaggia selvaggia e pittoresca.
Ma sono i volti, sempre schietti ma belli, sinceri e credibili che comunicano le vere emozioni che rendono grande questo piccolo film.
E il bambino/ragazzo interpretato dal bravissimo Romain Paul, una sorta di sosia di quel River Phoenix che fu suo coetaneo a metà anni '80, buca lo schermo col suo volto regolare che comunica intelligenza e sensibilità, oltre che bellezza e voglia di vivere. La coppia Clotilde Hesme (bellissima e credibile anche come malata terminale) e Gregory Gadebois, dalla stazza orsonwellesiana e dunque debordante, proseguono, questa volta più da distante e separatamente, la loro cronaca di coppia scoppiata ed inconciliabile che li vede così perfettamente pertinenti.
"Le dernier coup de marteau" è un piccolo lungometraggio, ma è il buon film francese in cui vorremmo imbatterci più spesso. Qui in concorso, pur tenuto conto che non ho visto alcune opere tra le più favorevolmente accolte come quella di Oppenheimer e l'italiano Munzi di Anime Nere, e tenuto conto di alcuni celeberrimi nomi ospitati a contendersi il premio, la pellicola francese più timida e ritrosa parte solo sulla carta in secondo piano e svantaggiata, perché concretamente risulta, a mio avviso, tra i migliori film visti fino ad ora in concorso.
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