Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film
I Taviani attraverso la rilettura di alcuni classici della letteratura si sono spesso interrogati su vari temi universali. Ne IL SOLE ANCHE DI NOTTE - tratto liberamente dal racconto di Tolstoj “Padre Sergio” - affrontano la fede, il misticismo e la solitudine umana. Nell’Italia borbonica di fine settecento Sergio Giuramondo è un giovane lucano ritenuto il miglior allievo ufficiale dell’accademia, per questo motivo viene invitato da re Carlo III a giocare a carte. E’ una sorta di investitura, nonostante alcune resistenze per le sue origini nobiliari campagnole e modeste. Allora per essere ben accetto nella corte del re viene promesso in sposo alla duchessa Cristina Del Carpio, la quale però confessa all’ambizioso Giuramondo il passato da amante di Carlo III. Sergio decide di abbandonare carriera militare e matrimonio per diventare monaco. Un giorno durante una messa celebrata dal vescovo rivede Cristina e il principe Santobuono, suo ex collega e amico di accademia. Per fuggire da questa ennesima beffa e inutile vetrina decide di ritirarsi in un eremo sugli altipiani del meridione in cui prenderà il posto di Egidio un eremita appena deceduto. La strada per raggiungere l’assoluto verrà intralciata da tentazioni, presunti miracoli, smarrimenti e nuove fughe.
Il protagonista dapprima accecato dall’orgoglio è sostanzialmente un insubordinato alle convenzioni e agli accomodamenti, per trovarsi più in alto di chi lo ha umiliato rinuncia a carriera e nozze, benché poco prima della rivelazione di Cristina avesse confessato di fare tutto per ambizione, seppur innamorato della bellissima (futura e mancata) sposa. Egli vorrebbe essere più umile ma non smette di giudicare, resiste alle tentazioni incarnate dalla puttana Aurelia, la quale scossa dal sacrificio di Padre Sergio si redime e si farà monaca. Da qui nasce la fama di guaritore dell’uomo, col dito monco sulla testa fa parlare il figlio “muto” del brigante Gesuino e così l’eremo diventa meta di pellegrinaggi e viene soprattutto ristrutturato e reso accogliente come un piccolo santuario. Chiede di essere tenuto lontano dalla gloria terrena, chiude gli occhi per sognare di fuggire con le greggi dei pastori, mentre trasformano l’umile sepoltura di Egidio in un albero della cuccagna. “Cade” nella trappola di una presunta indemoniata, fugge, tenta il suicidio e ritorna alle origini. La casa dei suoi è abbandonata, la coppia di anziani contadini è morta insieme come augurato, la loro dimora diverrà il rifugio di Padre Sergio…
La nostalgia, i ricordi e i sogni da bambino – andati delusi e dispersi da adulto – tengono compagnia a Giuramondo. La sua ricerca di solitudine è la ricerca di Dio e il silenzio di Dio ne testimonia l’assenza. Suggestioni, casualità, coincidenze scambiate per segni divini e per misticismo. Pure un arcobaleno non dura a lungo. Il primo a non credere (anche alla sua santità) è lui, cerca se stesso più che un altrove. Ciò che gli resta sono gli affetti, non di una madre triste e rassegnata o di una sorella burlona e svampita ma i due vecchi: tante giornate serene col sole, pure la notte.
Film dai nobili intenti e dalle solidi radici laiche, scevra di sovrastrutture ideologiche, utopie e simbolismi cari ai due fratelli (ne bastano due come l’albero dai fiori bianchi e la benda negli occhi “diabolici” di Matilda). Non sempre avere un cast internazionale e alla moda (per l’epoca) equivale a garanzia di riuscita. I Taviani alternano attori semplici, recidivi e singolari come Massimo Bonetti, Margarita Lozano e Pamela Villoresi ai Wendersiani Rudiger Vogler e Nastassja Kinski (re Carlo e Cristina), star meteore de LA PIOVRA come Patricia Millardet (Aurelia), piccole star in erba oggi ancora sulla breccia (Charlotte Gainsbourg/Matilda) e Gaetano (Tony) Sperandeo doppiato. Lo stoccafisso Julian Sands quale personaggio principale funziona nella parte ieratica, molto meno come brillante cadetto di accademia. La potente (qui sobria) voce di Giancarlo Giannini aiuta. Tralasciando vistosi errori: Sergio da bambino ha gli occhi castani, Giuseppina azzurri, da adulti il contrario; l’opera ha nel complesso numerosi passaggi riusciti e suggestivi, per merito delle musiche di Nicola Piovani, capaci di potenziare le immagini ed interpretare certi sentimenti che sovente non riescono ad esplicitarsi da soli. Il finale non chiarisce l’enigma se la fede è felicità o solitudine, la ricerca continua…ciò non toglie un’aria mesta e malinconica al dodicesimo film degli autori di San Miniato.
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