Regia di James Gunn vedi scheda film
Un’improvvisata “armata Brancaleone” insegue onore o denaro e si ritrova a difendere la Galassia.
Successo senza precedenti per l‘ennesimo, attesissimo prodotto Marvel. Meglio evitare paragoni con l’archetipo fumettistico, considerata la scarsissima aderenza del film con quest’ultimo. D’altronde il decimo film dell’universo Marvel, nonché il quarto della cosiddetta “fase 2”, è un prodotto che vive di vita propria, che non è accomunabile a nessun altro cinecomics visto finora. Qui gli autori si spingono oltre il consentito, scavallando verso un futuro che, continuando così, porterà il genere cinecomics ad assimilarsi quasi del tutto al genere commedia (o comunque a rassomigliare ad una parodia di se stesso). Il cosiddetto “stile Marvel” qui va decisamente oltre ogni limite, degenerando e buttando alle ortiche quelle atmosfere che ricordano il primo “Star wars” .Qui l’ironia che diventa puro parossismo, la cialtroneria come credo e gli effetti speciali a rappresentare la summa di tutti gli sforzi (con buona pace di molte situazioni di sceneggiatura che passano in secondo piano). Il manifesto del film è la chiamata alle armi in cui i protagonisti incedono verso la macchina da presa col fare di una banda scalcagnata, con il top raggiunto dalla Saldana (Gamora) che esplode in un fragoroso sbadiglio.
La regia di James Gunn ne fa, inoltre, un oracolo celebrativo degli anni ’80 (con frasi, mode, look, ma soprattutto canzoni e citazioni cinematografiche), basato su un piacevole mix di vintage e stile nerd. Tuttavia sono tanti, troppi, i cliché adoperati in fase di scrittura, come quando i buoni che provano a evitare lo scontro (come quando Gamora prova l’ultimo tentativo di negoziazione con la sorellastra Nebula prima dello scontro) o a salvare in extremis il nemico sconfitto, oppure come il topos del gruppo improvvisato, talmente eterogeneo da rischiare continuamente di disgregarsi definitivamente.
Numerosi, tuttavia, i punti a favore. L’accurata messa in scena, i costumi, le interpretazioni (anche se monumenti come Glenn Close o Benicio del Toro, così come John C. Reilly, vengono sfruttati poco, andando oltre il cameo, ma decisamente sotto il numero di pose di un co-protagonista). Inutile sottolineare l’accuratezza di effetti visivi e sonori, davvero al top. In particolare si segnala un personaggio che rimarrà negli annali: Groot, straordinario albero antropomorfo dallo squilibrato rapporto tra cuore e cervello.
In definitiva “Guardiani della galassia” si presenta come un calderone strapieno di roba, decisamente troppa per chi prova a seguire la storia e si appassiona ai personaggi. Forse nella norma, invece, per chi cerca da questo che, in fondo, non è che puro divertissement, un paio d’ore di intrattenimento tout court.
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