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Guardiani della Galassia

Regia di James Gunn vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Guardiani della Galassia

di lussemburgo
8 stelle

Film feticcio quasi alla stregua di un Tarantino, I guardiani della galassia apre alla space opera l’universo cinematografico Marvel, in attesa che la comune casa madre Disney riapra la saga di Star Wars con il prossimo capitolo di JJ Abrams (The Force Awakens), ormai in postproduzione. Il film di Gunn è un omaggio nostalgico alla cinematografia adolescenziale degli Anni 80, proseguendo un revival di ispirazione diffusa già anticipato proprio da Abrams con Super 8. Tutto sa di Goonies o di Explorers in questo film - con la scorrettezza dei Gremlins - sin dall’esordio, che idealmente collega le due epoche come in un paradosso temporale, con la classica abduction da parte di alieni di un terrestre, come mostrano Taken o X-Files ma, soprattutto, insegna Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo e un finale che rimanda ad un film Marvel ante-litteram di nessun successo, Howard il papero (Howard e, il destino del mondo, del 1986. Novello E.T. senza grande nostalgia di casa (e a cui non sembra voler tornare), Peter Quill, ribattezzato (forse da solo) enfaticamente Starlord, è un cacciatore di artefatti preziosi, un Indiana Jones cinico e solipsistico, vagamente associato ad una banda di ladri spaziali e che, hitchcockianamente, si trova al centro di una vicenda a lui estranea e superiore, in parte impenetrabile, una guerra interplanetaria per il possesso di una sfera preziosa. Con uno spunto non lontano da Farscape (terrestre involontariamente tra gli alieni), Quinn veste di pelle rossa come un cowboy spaziale e il Capitano Reynolds (Firefly di Joss Whedon, e il suo addendum finale Felicity), e finisce per trovarsi riunito ad una squinternata squadra di eroi riluttanti, vagamente superdotati (la forza di Drax il distruttore, l’agilità letale di Gamora, la competenza militare di Rocket Racoon, la resilienza di Groot) e costretti per sopravvivere (poi per scelta deliberata) alla militanza avversa al cattivo di turno, Ronan l’Accusatore, qui trasformato in un maligno senza l’esasperato senso della giustizia dei fumetti. Starlord è erede diretto di Star Wars per la caratterizzazione che vi viene data di Han Solo, la cui personalità esuberante e ironica da attaccabrighe e lestofante è condivisa assieme a Rocket Racoon, il belligerante procione OGM, ed e dotato di un compagno senza facilità verbale alla stregua di Chewbacca, diventato un albero umanoide e senziente. Tra esseri eterni sullo sfondo (Thanos), civiltà aliene (Nova), la compagnia di alleati reticenti combatte dalla parte dei più deboli, come ogni eroismo vuole, e vince, come ogni lieto fine impone, mentre il film attraversa personaggi e situazioni senza volontà di approfondimento, con il piglio guascone del protagonista, e al ritmo di una colonna sonora che ossequia la musica soul-pop degli Anni 70 (e cita direttamente Le Iene di Tarantino col brano Hooked on a Feeling). Il film si sviluppa con l’onestà espressa dal suo inizio, tra il necessario trauma infantile datato 1988, con Quinn bambino che non riesce a toccare la madre prima che muoia e di venire rapito, e la sequenza successiva, distante più di 20 anni, che lo vede adulto e puerile ballare su un pianeta disabitato e devastato al ritmo dell’anacronistico walkman sulla cassetta regalatagli dalla mamma, unici retaggi terrestri rimasti. Dramedy con poco dramma, I Guardiani della galassia è una divertita introduzione di un mondo Marvel, contemporaneo alle vicende dei supereroi più classici ma apparentemente parallelo per la diversità dell’ambientazione, che sfronda il Cinematic Universe di ogni realismo residuo per lasciarlo vagare tra pianeti e personaggi fantasiosi e spudoratamente irrealistici, come i make-up esasperati - e molto Anni 80 - di Benicio del Toro (il Ccollezionista) e Glenn Close (capo dei Novacorp). In questa superficialità voluta ed esibita, si inseriscono anche le trasformazioni dei character originali, appiattiti su un tratto portante legato alle rispettive abilità (per la squadra dei protagonisti, ogni singolarità è da sfruttare poi in cooperazione a rafforzare il gruppo, come dimostra la “gestione” della sfera e della sua gemma sul finale) e la rivelazione, detta a voce e senza sottolineatura drammaturgica o sentimentale, dell’origine non propriamente terrestre dello stesso Starlord. Ma sono guardiani della galassia, e con un titolo così esagerato e altisonante è difficile trovare una misura nel racconto, peraltro mai voluta né ricercata. È un divertissement su materiale precedente in cui tutto è soltanto ispirazione per una rielaborazione personale, dalla trama alle citazioni inserite, dalle somiglianze sottolineate ai residui nostalgici che ne fanno, probabilmente, il film più d’autore dei Marvel Studios, pur nell’assoluta rielaborazione di solo materiale preesistente. Ma è una “seconda mano” cinematografica, un vintage da mercatino dell’usato che si trasforma in un capo originale proprio per la stratificazione dei rimandi, tarantinaniamente, per l’esuberanza del brio e l’assoluta mancanza di dedizione e rispetto ai personaggi o al racconto, tutti pretesti e contesto per muoversi nello spazio affollato della propria fantasia contaminante.

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