Regia di James Gunn vedi scheda film
Amici, oggi vi parlo di un film che in Italia non vedrete mai, eccetto forse per coloro che abitano nel milanese (ma in realtà neanche loro). Non mi sto riferendo al film in sé (che comunque prima o poi arriverà anche in Italia), bensì allo spettacolare formato a cui pochi hanno la fortuna di poter assistere. Perché de “I guardiani della galassia” se ne parla ormai da quasi un anno e tra marketing, trailer e spoiler si potrebbe pensare che poche siano le sorprese che ci attendono e lo si andrebbe a vedere giusto perché i Marvel Movie vanno visti per rimanere aggiornati su questa incredibile operazione multi-film unica nella storia del cinema (per ora). E in effetti non ci andiamo molto lontani, perché a livello narrativo stavolta la Marvel non si è discostata troppo dal modello tradizionale: c'è un cattivo, un eroe (una serie di eroi in questo caso) che deve sconfiggerlo ma inizialmente non è all'altezza, ecc… I collegamenti con il resto dell'UCM sono puramente verbali e il nome di Thanos è usato in maniera troppo indiscriminata, tanto che per me ha già perso il suo statuto di mito. E allora perché tanto clamore? Perché l''immensa fatica di James Gunn trova pieno splendore e porta tanto onore al formato IMAX come pochi altri film per ora vi sono riusciti (penso a Pacific Rim, Gravity... per citare solo quelli in 3D), e mi chiedo cosa possa inventarsi ora J.J. Abrams per alzare ulteriormente il tiro, dato che condivide con i Guardiani ambientazioni simili.
Già quando uscì “Il cavaliere Oscuro – Il Ritorno” cercavo di far capire la differenza tra il formato Imax e quello panoramico con frasi tipo “Io ho visto un film diverso da quello che avete visto voi”, ma adesso c´è veramente da alzare le mani e dire “Io non avevo ancora visto niente”. La cosa più magica di questo film, ci scommetterei, è che appena uscito dal cinema (dall'Imax) anche il fantomatico spettatore medio (quell'essere mitico che tende a commentare con "che brutto finale, quindi che brutto film", nemesi del cinefilo assetato di immagini "lascia perdere la storia, non è quella l´importante") sentirebbe per la prima volta uno spontaneo moto dell'animo a saltare a piè pari i commenti sulla poca brillantezza della sceneggiatura e a dedicate le sue analisi alle immagini.
Ve ne descrivo una che vale per tutte: la verdeggiante signorina Gamora si ritrova ad un certo punto a fluttuare leggiadra nello spazio aperto. La carnagione aliena si staglia bene sul nero bluastro dell'infinito costellato da miriadi di stelle ed ulteriormente arricchito da una nebulosa bicolore fucsia e azzurra. Qualche detrito metallico galleggia vicino a lei. La telecamera imax consente di inquadrarla a figura intera (nella riconversione panoramica immagino le verranno tagliate le gambe) e l'effetto è avvolgente. Siamo lì con lei, con la schiena inarcata stile Sandra Bullock in "Gravity", un rallenti e un missaggio sonoro sospeso che blocca il tempo (non quello della narrazione, ma quello reale delle persone in sala) e lo rende infinito. E il tutto nell'immensità del formato audio-visivo dellIMAX, che rende straordinario anche il 3D della Marvel, celeberrima, tra le altre cose, per la sua incapacità di una decente conversione stereoscopica.
Verrebbe da elogiare Gunn all'infinito (a cui nessuno comunque toglie il merito di aver congegnato le grandi gag, l'umorismo e l'atmosfera straordinaria che caratterizza tutto il film), ma il vero miracolo l'ha fatto la Framestore, che fotogramma dopo fotogramma ci fa slogare la mandibola e la fa rotolare lungo i gradoni dell´immensa sala come non accadeva da tempo, al punto che gli osannati Rocket e Groot (fatti bene, eh!) passano in secondo piano rispetto alla profondità delle ambientazioni. Davvero, qui non si parla della riuscitezza delle scene, bensì delle singole inquadrature che meriterebbero di essere elogiate una ad una e credo che James Gunn lo sappia, dato che il montaggio non è poi così rapido (e che contiene anche molti long take) e ci permette di ammirarle e apprezzarle a dovere: Il campo lungo del pianeta alieno su cui compare il titolone - di cui si percepisce tutto il peso stereoscopico - al ritmo di “Come and Get Your Love” dei Redbone è il primo momento di Wow, e siamo solo al titolo di un film lungo due ore dove non vi è mai un singolo calo di tensione (continuo a riferirmi unicamente agli aspetti visivi). L'unico momento un po' sottotono possiamo rintracciarlo nel prologo che vuole approfondire (inutilmente o inefficacemente o forzatamente) il carattere del protagonista. Ci sono decine di nuovi personaggi (in effetti non ne avevamo mai visto nessuno eccezion fatta per Benicio il Collezionista Del Toro, visto fugacemente nella scena middle-credit di “Thor: the dark world”, dove ha una scena molto più accattivante di quelle – altrettanto brevi – qui presenti) e verrebbe da pensare che necessariamente qualcuno debba rimetterci in quanto a profondità psicologica. Invece l'impressione che ho avuto è che Gunn abbia deciso di metterli sullo stesso piano e quindi ci rimettono tutti: La loro presentazione è affidata quasi esclusivamente alla mastodontica campagna marketing e i loro archi narrativi sono troppo rapidi. I vari membri dei guardiani raggiungono la cosiddetta maturità troppo prematuramente o comunque in maniera affatto convincente. Alcuni personaggi escono di scena in maniera improvvisa, al punto che non ci interessa granché delle loro sorti e altri si concedono degli sfoghi improvvisi non giustificati dal poco tempo che hanno avuto per somatizzarne le cause. Ma di nuovo, tutto passa in secondo piano di fronte alla bellezza straordinaria delle immagini. E non parlo solo degli effetti speciali, ma anche delle scenografie e dei costumi. Su quest'ultimi particolare elogio lo merita l'aspetto del cattivo di turno, tale Ronan l'accusatore, fin troppo ignorato dalla campagna marketing ma che ruba la scena a chiunque ad ogni sua apparizione. Mentre a sorpresa ho visto deluse le mie aspettative per Nebula, per cui Karen Gillan risulta davvero sprecata (sia visivamente che narrativamente). Infine un paio di scene extra-credit blandamente simpatiche ma che rasentano l´inutilità di quella alla fine di “Iron Man 3”.
È un gran peccato che in Italia non ci sia modo di vedere questo bel filmone (che nel tradizionale formato panoramico verrà cassato in breve tempo come un tradizionale filmetto di fantascienza, carino sì, ma che non aggiunge niente di nuovo al genere). Anche la sala Imax di Pioltello, che ho avuto occasione di visitare in passato, non è altro che una normale sala riconvertita e che vezzeggia appena il formato IMAX. Mentre la seconda a nostra disposizione all´Acquafan di Riccione sembra non voglia saperne di aggiornare la sua programmazione (o forse non può. Per quel che ho capito ha la possibilità di proiettare solo in pellicola, quindi il 3D sarebbe comunque escluso). Allora molto meglio la sala iSense dell´UCI a Parco Leonardo: pulita, onesta (anche nel prezzo), non esuberante e molto molto grande (anche se siamo comunque distanti dall´altro formato). Vorrei che non fosse così, ma mi ritrovo a dar ragione alla profezia che poche settimane fa è stata pronunciata da Christopher Nolan: “Nel momento in cui i film non potranno più essere definiti dalla tecnologia, verranno smascherati gli elementi fondamentali – l’atemporalità, la spiritualità, l’esperienza condivisa di queste narrazioni. Il pubblico deciderà di dare i propri soldi a quei cinema, a quelle major, a quei filmmaker che daranno valore all’esperienza cinematografica creando un’affascinante distinzione netta dall’home entertainment – proprio come le battaglie del passato contro la tv combattute col widescreen e l’audio multitraccia“.
Ci vorrebbe che tutte le sale cinematografiche di Italia diventassero IMAX, e questa sì che sarebbe fantascienza (utopica o distopica?).
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