Regia di Ralph Nelson vedi scheda film
Un western di rottura rispetto alla tradizione, non solo per la denuncia di uno degli episodi più bestiali della storia americana (rievocato in modo quasi iperrealistico, senza risparmiare nulla allo spettatore), che fa riflettere sulla nostra civiltà, ma anche per la preminenza di un personaggio femminile fuori dagli schemi.
Non è il primo western “dalla parte degli indiani”, ma il suo carattere di rottura rispetto alla tradizione consolidata emerge fin dalle prime battute, per la preminenza di un personaggio femminile fuori dagli schemi del genere, una donna bianca che ha vissuto tra gli indiani (e che si sente più vicina a loro che alla sua gente) e che agisce e si esprime con una franchezza e un disincanto davvero inusuali, cui fa da contrappunto un personaggio maschile melanconico e antieroico (un soldato che gradualmente mette in discussione quanto gli è stato inculcato dai superiori, man mano che approfondisce il rapporto con Kathy). Ma ciò che eleva il film di Nelson allo status di pietra miliare sono gli ultimi venti minuti, tanto più sconvolgenti in quanto arrivano dopo che il film sembrava incanalato sui binari dell’idillio, con la cruda rievocazione di uno degli episodi più vili della storia americana: il massacro del Sand Creek, in cui i soldati americani devastarono un villaggio di una tribù disarmata, infierendo su donne e bambini, venendo poi celebrati come eroi. Collocando il film nel contesto storico in cui è stato girato, appare evidente la polemica nei confronti della guerra del Vietnam, eppure emergono tuttora delle riflessioni che fanno dubitare della superiorità della nostra civiltà. Per quanto riguarda la recitazione, è doveroso rimarcare la prova di Candice Bergen che con naturalezza dà anima e corpo al personaggio di Kathy, mentre Strauss è una spalla adeguata e Donald Pleasence contribuisce ai momenti picareschi del film.
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