Regia di Ralph Nelson vedi scheda film
Comincia come un western quasi normale, con la carneficina compiuta dagli sporchi musi rossi ai danni dei nostri eroi (e tuttavia qualche dettaglio grottesco, come i soldati in attesa del loro ufficiale chiuso nella baracchetta che funge da gabinetto, dovrebbe già mettere sull’avviso). Continua come un road movie in cui si confrontano il lucido cinismo di Kathy e l’ingenuo idealismo di Honus, figlio di un militare ucciso al Little Big Horn (“Sarà stato tuo padre a consigliare il generale Custer”, commenta lei): anche gli indiani tagliano i testicoli ai nemici uccisi, però “almeno non ci fanno sacchetti per tenerci il tabacco”; ma è anche una divertente commedia sulla guerra fra sessi, con lui che la chiama “signorina” e lei che lo chiama “soldato blu” nei loro continui battibecchi. Segue una parentesi sentimentale in un luogo isolato dal resto del mondo, unica oasi di tenerezza dell’intera storia. E infine il massacro, con la bandiera a stelle e strisce calpestata senza riguardo dai nostri (ormai ex) eroi. Le radici dell’impero americano grondano sangue, e nessun altro film lo aveva detto con altrettanta brutale chiarezza. Vengono i brividi quando Kathy torna al villaggio, bene accolta da tutti, e intanto si sente la voce off del comandante dire “Richiamate alla memoria tutti gli atti abominevoli di questi esseri senza Dio che uccidono, violentano, torturano”. Farci caso: alla fine, accanto a Honus trascinato prigioniero per insubordinazione sul campo di battaglia, c’è un suo commilitone nero, anche lui ribellatosi agli ordini. Grande cinema, altro che bassa macelleria.
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