Regia di Valerio Zurlini vedi scheda film
"Le soldatesse" è uno degli ultimi film di Zurlini. Per sua stessa ammissione, si affaccia al romanzo popolare. Anni dopo, il regista lo valutò come un film riuscito solo in parte causa degli eccessi melodrammatici.
La prima cosa che resta in mente è la fotografia di Tonino Delli Colli, soprattutto un piano sequenza bellissimo tra Tomas Milian ed Anna Karina; un biano e nero strepitoso, che rende perfettamente l'atmosfera tragica di guerra. Le musiche, proprio come da melodramma, invadono lo schermo in maniera ossessiva ed oggi, che non siamo più abituati alla costante presenza del leit-motiv, risultano pesanti. La recitazione (ad avercene di Milian così) è ben calibrata tra quasi tutti i protagonisti.
Penso, sinceramente, di essere d'accordo col regista. Il pregio principale di questo film è l'originalità del tema (tratto da un romanzo di Ugo Pirro) il viaggio di dodici prostitute lungo una "via crucis", le cui tappe sono in realtà le caserme dove dovranno lavorare. Il punto di vista è quello del giovane tenente che ha la missione di accompagnarle. E' vero che il coraggio di raccontare i fascisti come fossero i nazisti è di per sé pregevole, ma (per motivi di distribuzione?) l'esercito viene sempre mostrato come separato ideologicamente ed eticamente dalle camicie nere (cosa storicamente non proprio verissima). Ciò che convince meno, probabilmente, è un punto strutturale. Dodici prostitute che come evidenzia il long-take iniziale sono in funzione corale, il coro tipico della tragedia attica che in origine aveva funzioni di commento e di rappresentare lo sguardo del pubblico. Ma le prostitute, a parte la Karina e ad altre due, non sono quasi mai punto di partenza dello sguardo, ma soltanto punto d'arrivo. E così viene a mancarci la forza ed il dramma della loro condizione. Scritto da un maschio e diretto da un maschio, era impossibile d'altronde pensare di avere uno sguardo femminile sul film, ma la distanza è davvero esagerata.
Resta comunque pregevole.
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