Regia di Nando Cicero vedi scheda film
Classico esempio di come, una sceneggiatura esile e non proprio originale (di Fiorenzo Fiorentini, Annie Albert e del regista), possa fare da spina dorsale ad un film sì grezzo e un po’ volgare, ma assolutamente godibile e a tratti irresistibile. La parte del leone, come nella maggioranza delle pellicole di genere, la fanno gli attori ed in questo caso i cosiddetti “tetrarchi del trash” (Montagnani, Banfi, Vitali e D’Angelo), i quali, con l’aiuto di caratteristi navigati come Jimmy il Fenomeno (Origene Soffrano) e Nino Terzo (Antonino Terzo), sono stati in grado di personalizzare e migliorare battute e macchiette altrimenti scialbe e poco coinvolgenti. Tra di essi, Renzo Montagnani e Lino Banfi (Pasquale Zagaria) fanno, come al solito, la differenza. Il primo è il colonnello Fiaschetta, comandante di una caserma simile ad una stalla per vitelli, con una piazza d’armi da far concorrenza ad una risaia, sofferente di più di un complesso verso la madre autoritaria e le donne in generale. Il secondo, nella parte di don Pagnotta, è il parroco accattone di un poverissimo paesello del sud Italia, volutamente disastrato e colmo di pittoreschi abitanti. Nonostante il film si basi interamente su di lei, l’apporto di Edwige Fenech (nella parte della dottoressa Eva Marini) è assolutamente secondario: di una bellezza raggiante, si spoglia, come da contratto, per la gioia della truppa (e non solo), le danno il grado di tenente medico sulla fiducia, ma la sua interpretazione priva di mordente la fa regredire ad un ruolo di secondo piano. Musiche di Piero Umiliani.
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