Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Fino a quando regali al pubblico quello che vuole da te, non hai nulla da temere. Quando ti barcameni tra un colpo alla botte e uno al cerchio, hai ancora buone probabilità di riuscita ma se doni tutto te stesso in un progetto di alleggerimento, che senti come necessario e che si distacca senza mezze misure da quanto realizzato in precedenza, corri il serio rischio di essere abbandonato. A questo punto, il parametro qualitativo finisce momentaneamente relegato in secondo piano, ma, se non altro, i posteri potranno dispensarti quel tributo che a suo tempo ti è stato negato.
Con Un sogno lungo un giorno, Francis Ford Coppola si schiantò contro un muro. Era la sua prima opera dopo le immani fatiche di Apocalypse now. Ci riversò – partendo dal capitale - tutto se stesso, non venne capito e fu un fallimento, ça van sans dire, del tutto immeritato.
Proprio quando il rapporto tra Hank (Frederic Forrest) e Frannie (Teri Garr) è sul punto di compiere il passo definitivo, un litigio furioso tra i due manda ogni progetto di vita all’aria.
Nell’arco di poche ore, Hank s’infatua di Leila (Nastassja Kinski), un’acrobata circense, mentre Frannie è corteggiata da Ray (Raul Julia), un affascinante cantante di mezza tacca che sarebbe disposto a tutto per volare con lei a Bora Bora.
Il destino darà ancora a Hank e Frannie un’ultima occasione per non cancellare definitivamente cinque anni vissuti fianco a fianco.
Un sogno lungo un giorno impagina la trama più banale che possiate immaginare, con tutti i risvolti che anche il più inesperto degli spettatori anticipa dopo appena cinque minuti dall’avvio. Contemporaneamente, il contorno assume i connotati della portata principale e l’armonia tra tutti gli elementi presenti è talmente trascinante da distogliere il pensiero sulle ovvietà del caso, creando un effetto spiccatamente avvolgente.
Infatti, se le dinamiche da due cuori e una capanna, che spingono incessantemente a respingersi e attrarsi Hank e Frannie, rientrano nella gamma degli stilemi immortali, tra convergenze e divisioni, accostamenti e spinte laterali, la membrana che li centrifuga è di una primizia assoluta.
Virtuosismi pregiati che inseriscono dettagli in un ogni intercapedine, un colpo di fulmine visivo che si avvale di scenografie cartonate che stravolgano la percezione regalando un effetto unico, calcificato dalla fotografia di Vittorio Storaro, che sciorina cromatismi entusiasmanti, con tanto di rosso marziano.
L’integrazione di questi attributi è strabiliante, arrivando a sfiorare la perfezione sensoriale con l’ausilio delle strofe musicali scritte da Tom Waits, i cui testi tracciano alla perfezione il coefficiente sentimentale. Uno spartito che vede anche gli interpreti assolutamente allineati, a cominciare dalla favolosa Teri Garr, per finire con Nastassja Kinski, che sembra una creatura sovrannaturale, passando attraverso la classe di Raul Julia e l’irruenza di Frederic Forrest.
In spiccioli, per quanto sia stato a suo tempo un flop epocale, Un sogno lungo un giorno ha tutte le carte in regole per soddisfare ogni esigenza e, se fosse stato girato in questo decennio, sarebbe stato accolto con somma gioia. Galleggia tra i sussurri, amplifica le sensazioni, spinge l’immaginazione a volare altrove, possiede l’argento vivo, un tessuto istintivo e fiammeggiante, talentuoso e scoppiettante, che permette di sognare, di distaccarsi dalla realtà provando l’inebriante sensazione di vivere all’interno di un sogno.
Folgorante.
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