Regia di Trish Sie vedi scheda film
La saga di Step Up al tempo della crisi: una volta era sufficiente stupire tutti al saggio di fine anno o battere l’antipatica crew rivale, ora il risveglio dal sogno è sommerso di bollette da pagare, affitti da saldare, conti in rosso. Sean - già protagonista di Step Up Revolution, marmoreo nel fisico e nell’espressione - vuole il posto fisso, perdinci, e un po’ di stabilità; il talent The Vortex gli fornisce l’opportunità: il premio è un contratto triennale in un hotel di Las Vegas. Deve solo mettere insieme una nuova squadra (quella vecchia l’ha mollato dopo l’ennesimo provino fallito) e trovare una nuova fiamma (quella vecchia l’ha mollato per andare in tournée), pretesti, questi, per una reunion di volti e corpi dei precedenti capitoli della serie. «Siamo in un reality, è ovvio che è tutto finto!» esclama a un certo punto Sean, cercando disperatamente di infondere una nota sconsolata nell’interpretazione monocorde.
Intanto il film tenta debolmente di essere metariflessivo, autoconsapevole, ironico, mentre saltella indolore e ingenuo da un inevitabile nodo di trama al successivo, tremendamente indeciso sulla morale da seguire: è più importante vincere o partecipare? È necessario assicurarsi uno stipendio o basta scatenarsi tutti insieme sulla pista? Scrittura (inesistente) e recitazione (canina) sono solo la futile cornice di esibizioni spettacolari, certo: ma ancora una volta viene il dubbio che il prezzo da pagare per gli strepitosi 10 minuti finali sia davvero troppo salato.
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