Regia di Alex Ross Perry vedi scheda film
In mezzo a cotanta apocalisse giunge come una boccata d'aria fresca il nuovo film di Alex Ross Perry, regista che il festival di Locarno ha allevato a domicilio e che oggi torna con un'opera valorizzata dalle presenza di un cast di grande livello, con Jonathan Pryce e Jason Schwartzman a capeggiare un parterre di attrici femminili, tra cui spicca la Elisabeth Moss di "Mad Men". Passato con successo nell'ultima edizione del Sundance, "Listen Up Philip" rientra a tutti gli effetti nella categoria del cinema indie sponsorizzata da Robert Redford per caratteristiche low budget e per quell'aria di leggerezza e improvvisazione con cui, nei casi più felici, questo tipo di cinema informa l'intelligenza del testo scritto. Come quello di Perry che, alla maniera di un romanzo filmato (la voce over accompagna la storia dall'inizio alla fine) racconta le vicissitudini - molto egoiste - di uno scrittore di successo che, in attesa della pubblicazione del suo nuovo romanzo, mette in atto un giro di vite che lo porterà a lasciarsi con la sua ragazza, e a frequentare Ike Zimmerman, idolo della giovinezza, che gli offre rifugio e tranquillità nella sua dimora di campagna.
Illuminato da colori autunnali e da tonalità prevalentemente marroni e arancioni, "Listen up Philip" è un blues metropolitano sulle conseguenze del successo, e sugli scompensi di un io abituato naturalmente ad alimentare se stesso. Philip (Schwartzman per la terza volta arruolato nella parte di uno scrittore) infatti è un essere umano che fa dell'arroganza e della diffidenza il suo tratto distintivo. Impraticabile per chiunque lo avvicini, il protagonista trova comunque il modo di conquistare, suo malgrado, il cuore di avvenenti fanciulle che, nell'insostenibile confronto con il loro innamorato, permettono al film di descrivere una virilità maschile al contrario, comicamente patetica, e in parte sorpassata dalle personalità demodè del sodalizio maschile, in cui svetta per cinismo e contraddizioni il personaggio del maturo romanziere (dietro cui si potrebbe leggere la figura di Philip Roth) che fatica ad accettare i segni del suo declino. Tra famiglie che vanno a pezzi, introspezioni da seduta psicanalistica e amori mai nati, "Listen Up Philip" ha l'improvvisazione di una scrittura invero controllatissima, che ricorda -anche per ambientazione newyorkese- quella di Woody Allen. Meriterebbe una distribuzione italiana, e anche lui entra a far parte dei nostri favoriti.
(pubblicato su ondacinema/speciale 67°Festival di Locarno)
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