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Listen Up Philip

Regia di Alex Ross Perry vedi scheda film

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La recensione su Listen Up Philip

di mck
8 stelle

Empatia non fa rima con simpatia.

 

Eric Bogosian (“Talk Radio”, “SubUrbia”, “Ararat”) si schiarisce la voce [l'acusmatico voice-over extra-diegetico narrante da un imprecisato futuro a volte viaggia in avanti nel tempo - o, meglio, anticipa, onnisciente - e a volte è in sincronia col parlato labiale dei personaggi di cui racconta - il medesimo grado e livello di onniscienza declinato in altra foggia - e che sono inquadrati in campo in quel momento], e il film può cominciare.

 


Stai a sentire, Philip [un Jason Schwartzman - separato alla nascita da Adam Driver e Justin Long - in gran forma: sodale da sempre di Wes Anderson - cioè dal '98, a partire proprio da quel “Rushmore” che può essere inquadrato quasi come un prodromo di “Listen Up Philip” (o, “al contrario”, si può considerare “Listen Up Philip” una conseguenza di “Rushmore”) -, e, nel frattempo: “I ♥ Huckabees”, “Marie Antoinette”, “Bored to Death”, e il prossimo di Alex Ross Perry, “Golden Exits”], le storie di chi ti circonda: Ashley, Ike, Yvette, Nancy, Melanie, Emily...

 


Altre volte, come per esempio sul finale, sono le immagini ad essere in parziale controtendenza e scarto rispetto al futuro che le parole descrivono: Philip, solo tra milioni di persone, un futuro di successo commerciale e di critica di fronte a sé, nello scempio di consapevole presa di coscienza rispetto alla sua incapacità di sfuggire alla propria endemica insensibilità, quasi, sorride.

 


FLASHFORWARD

«Negli ultimi undici anni ero vissuto da solo in una casetta su una strada sterrata in aperta campagna, avendo deciso di vivere così, appartato, un paio d'anni prima che mi diagnosticassero il cancro. Vedo poca gente, io. Dal giorno della morte, l'anno precedente, del mio vicino e amico Larry Hollis, possono passare anche due o tre giorni senza che io parli con nessuno, nessuno tranne la signora che ogni settimana viene a fare le pulizie, e tranne suo marito, che è il custode. Non vado a mangiare fuori, non vado al cinema, non guardo la televisione, non possiedo né un cellulare né un videoregistratore né un lettore dvd né un computer. Continuo a vivere nell'Era della Macchina da Scrivere e non ho idea di cosa sia il World Wide Web. Non mi prendo più il disturbo di votare. Scrivo tutto il giorno e spesso fino a notte fonda. Leggo, in particolare i libri che ho scoperto per la prima volta da studente, i capolavori della letteratura il cui potere su di me non è minore, e anzi in certi casi è maggiore, di quanto lo fosse nei primi elettrizzanti incontri che ho avuto con loro. Negli ultimi tempi ho riletto Joseph Conrad per la prima volta dopo cinquant'anni, e recentemente La linea d'ombra, che mi ero portato a New York per scorrerlo di nuovo, dopo averlo letto tutto in una volta l'altra notte. Ascolto musica, passeggio nei boschi, quando fa caldo nuoto nel mio stagno, la cui temperatura anche d'estate non supera mai di molto i venti gradi. Faccio il bagno senza costume, invisibile a tutti...»

Philip Roth - “Exit Ghost” - 2007 (Einaudi, 2008, trad. di Vincenzo Mantovani)

 


INTERMEZZO - QUOTES

Nota.
Tempo fa provai a "scrivere" una "recensione", questa, usando unicamente dei fotogrammi (interni ed esterni al film) mettendoli in dialogo tra loro. Non ci riuscii e inserii un paragrafo iniziale ed uno finale. Con questo pezzo volevo "creare" una "recensione" utilizzando solo delle citazioni (esterne ed interne al film), provando a farle dialogare tra loro. Va da sé che anche questa volta non ci sono riuscito, ma una sorta di impalcatura è rimasta: spero le colonne non impediscano la vista del paesaggio e gli spunzoni non feriscano alcuno. 

 


Ike a Philip.
- "Tu. Sei egoista e anaffettivo. Lo sanno tutti."
- "Lo dici come se fosse un male."
- "Al contrario. Un tratto ammirevole, secondo me."

Yvette a Philip:
- "Credo che il successo ti abbia rovinato. Sei entrato troppo in sintonia col tuo egoismo."

Voce narrante.
- "Philip desiderò che Ashley non gli avesse ricordato quanto fosse bello essere orgoglioso di lei."

 


[A tal proposito. La comicità è complessa, stratificata, polisemica, stralunata: in una scena a due assistiamo a lui, in crisi creativa, relazionale, esistenziale, chiedere a lei, che lo ha in quel momento informato di un'ottima opportunità di lavoro recentemente offertale, “Dimmi il lato buono di questa conversazione.” -- stacco -- I due si sono scambiati di posto: ritroviamo infatti lei seduta sul letto al posto di lui e lui in piedi dov'era lei appena “un attimo” prima: “Hai avuto il lavoro? Congratulazioni, Ashley, sono fiero di te!”, gli dice, impersonandolo migliore: a prima vista si può ragionevolmente pensare che si tratti di una situazione da lei solo immaginata, ma col proseguire della scena si capisce che i due si sono effettivamente scambiati i ruoli, anche fisicamente, nello spazio del set, e stanno recitando questa scena nella loro vita reale, “seriamente”.
Scena similare, quella in cui Ike [un Jonathan Pryce (da “Brazil” a “Game of Thrones”) perfettamente in parte] chiede a Philip di potersi scambiare di posto perché non si trova a proprio agio da quel lato della scrivania, e si sente rispondere: “Non mi siedo sulla sedia degli studenti, nel mio ufficio. Possiamo sederci laggiù, o stare enrembi in piedi.” -- stacco -- Ritroviamo i due a discutere in piedi appoggiati alla scrivania.

 


Il montaggio del documentarista Robert Green - che da questo titolo inzierà la sua collaborazione col regista, ad oggi proseguita comprendendo “Queen of Earth” (opera in cui ha potuto sbizzarrirsi maggiormente) e l'ultimo, “Golden Exits” - asseconda a dovere queste idee di sceneggiatura, scritta ovviamente da Alex Ross Perry stesso (Philip Roth ⇔ Woody Allen), come sempre.
Il restante principale comparto tecnico è costituito da, alla fotografia, Sean Price Williams (16mm, 1.85:1), sodale da sempre del regista, di cui ha illuminato tutti i film, e da, alle musiche, Keegan De Witt (“Queen of Earth”, "Golden Exits", “the Hero”, "Bokeh"). Entrambi, come per Robert Green, in “Listen Up Philips” mantengono un profilo più basso rispetto ad esempio a “Queen of Earth”.
Altra scena molto radicalmente comica, quasi terra-terra, ma riuscitissima, è quella in cui Kate Lyn Sheil ("Impolex", "the Color Wheel", "Green", "Queen of Earth", "the GirlFriend Experience", "Buster's Mal Hearth"), attrice feticcio del regista, scappa di fronte ad un ritorno di fiamma e vicolo cieco sentimentale propostole dal protagonista.]

Ike a Philip.
- “Sembri impreparato ad affrontare una [Yvette] così.”
- “Abbiamo cominciato odiandoci, penso che adesso stiamo tornando al punto di partenza.”
[“We began by hating one another. I think we're coming back down the other side now.”]
- “È un'immagine molto potente, dovresti buttarla giù e utilizzarla.”

 


Alex Ross Perry, subito dopo, ne usa un'altra, potentissima, facendola pronunciare da Philip verso Yvette: “Niente può ferirti quando impari cosa quell'emozione è capace di provocarti”.

Ancora poco dopo, invece, la citazione è preannunciata, ma è più valido e rimarchevole l'annuncio della citazione stessa: «Senza neanche accorgersene, Philip ripiombò nel solito schema di distruttività autolesionista, rovinando per sempre l'ennesima relazione. Mentre Ashley spiegò tutti i motivi per cui lui non era più benvenuto, si ritrovò a pensare ad una citazione, che aveva sperato di usare un giorno per l'inizio di un romanzo, o forse solo di un capitolo: “Niente dura per sempre”, pensò, “e sappiamo che il cuore è volubile”».
Ad ogni modo, è gente che sulla targa personalizzata ci scrive “Audit” (che, coincidenzialmente, è pure un loro romanzo).

 


PROLESSI

LEI Lei è contento di essere andato via? È contento di aver fatto ciò che ha fatto?
LUI Avrei risposto diversamente qualche settimana fa. Avrei risposto diversamente qualche ora fa.
LEI Cos'ha cambiato quella risposta?
LUI Incontrare una ragazza come lei.
LEI Cosa le interessa tanto di me?
LUI La sua bellezza e la sua gioventù. La velocità con cui siamo entrati in comunicazione. L'atmosfera erotica che lei crea con le parole.
LEI New York è piena di belle ragazze.
LUI Sono stato per molti anni senza la compagnia di una donna e di tutto ciò che l'accompagna. Questo è un colpo di scena sorprendente e non necessariamente nel mio interesse. Qualcuno ha scritto, non ricordo chi: «Un grande amore arrivato troppo tardi è fonte di infiniti malintesi».
LEI Un grande amore? Può spiegarsi meglio, per piacere?
LUI È una malattia. È una febbre. È una specie di ipnosi. Posso spiegarlo solo dicendo che voglio stare solo con lei in una stanza. Voglio trovarmi sotto il suo incantesimo.
LEI Be', mi fa piacere. Mi fa piacere che lei abbia ciò che vuole. È una buona cosa.
LUI È straziante.
LEI Perché?
LUI Cosa pensa? Lei è una scrittrice. Vuole fare la scrittrice. Perché un uomo di settantun anni dovrebbe trovarlo straziante?
LEI (con delicatezza) Perché lei ha di nuovo tutto questo sentimento e non può fare il passo successivo.
LUI Esatto.
LEI Ma questo le fa piacere, no?
LUI Un piacere straziante.
LEI (ha imparato qualcosa) Hmmm. (Dopo una lunga pausa, con finta teatralità) Oh, che fare?

Philip Roth - “Exit Ghost” - 2007 (Einaudi, 2008, trad. di Vincenzo Mantovani)

http://www.slate.com/blogs/browbeat/2014/10/21/listen_up_philip_ike_zimmerman_books_in_the_movie_satirize_philip_roth_and.html

 

[Ike Zimmerman - “Audit”, 1982 / “I, Zimmerman”, 1988]

[Ike Zimmerman - “A Woman's Point of View”, 1989 / “Ample Profanity”, 1995]

[Ashley Kane - “Liberty” / Melanie Zimmerman - “A Daughter's Point of View”]

 

Teddy Blanks (CHIPS) + “I Hear A Symphony” by Diana Ross & The Supremes (spoiler free) :
http://www.artofthetitle.com/title/listen-up-philip/

[cliccare sull'immagine per aprire l'AV]

Poi, c'è una sequenza, poco appena prima di svoltare l'ora di proiezione (e ce ne sono almeno altre due, similari, lungo lo scorrer della pellicola, e altrettanto magnifiche ed emozionanti), in cui Elisabeth Moss ["the West Wing", "Mad Men", "the HandMaid's Tale", "Queen of Earth", "the Free World", "High Rise", "the Square"; mentre il resto del cast femminile si muove muliebre e potente da una bravissima Krysten Ritter ("Margaret", “Breaking Bad”, "the Hero", “Don't Trust the B---- in Apartment 23”) alle rimarcabili Joséphine de La Baume e Dree Hemingway] fa una cosa, con la faccia: mette randomicamente in moto, senz'alcun'apparente conseguenza logica, tutti o quasi i muscoli del viso atti alla manifestazione delle emozioni, in successione simultanea: sollievo, rassegnazione, disappunto, convinzione, felicità, iroso e furente trattenimento dal rompere nel pianto: il suo volto è una tavolozza, esprime il proprio linguaggio in una compartimentata ma comunicante progressione diacronica di eventi e manifestazioni: un banchetto per gli occhi voraci affamati di bellezza. 

 

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