Regia di Ana Lily Amirpour vedi scheda film
Bad City dovrebbe essere una città iraniana ma sembra una ghost town moderna, un desertico scenario di disperazione e morte uscito dalla vastità del New Mexico e trapiantato in un luogo astratto ma definito da evidenti influenze occidentali.
Del resto l’opera d’esordio di Ana Lily Amirpour non ha nessun tipo di ambizione politica e non cerca di rappresentare le storture sociali del regime iraniano, il suo film è invece una perfetta fusione di influssi derivativi, un frullato di cinematografie che spaziano dal pulp al western, virando infine nell’horror di matrice classica e in una messa in scena che fa di un B/N dall’espressiva potenza gotica uno dei suoi punti cardine.
Bad City più che una città è un luogo dell’anima e anime senza un futuro sembrano abitarla, il giovane Arash (Arash Marandi) che sogna l’amore della bella e ricca Shaydah (Rome Shandanloo) ma invece si deve occupare del padre tossico, il vecchio è braccato dallo spacciatore Saeed (Dominic Rains), un balordo pericoloso e violento che domina tutta la città, ne è vittima anche la non più giovane prostituta Atti (Mozhan Marnò) che vaga in una notte eterna cercando clienti che sembrano non esistere più, inghiottiti da un oscurità senza fine o forse da un demone vampiro che si sposta solitario in cerca di sangue.
Una ragazza e il suo chador nero, presenza fantasmagorica che si muove su uno skateboard rubato ad un bambino terrorizzato (invitato a “fare il buono”), una giovane donna pipistrello che come Batman attraversa le strade deserte di una Gotham City marcita, fatta di relitti, balordi, puttane e bastardi spacciatori, il suo velo nero come la pece sollevato dal vento si trasforma in un mantello di morte che non lascia possibilità di fuga.
A girl walks home alone at night è una sentimentale rivisitazione del mito del vampiro, una rilettura contemporanea tra l’esotico e il classico, una miscellanea di influenze che la regista amalgama in un prodotto che appare a tratti originale, con la sua fascinosa narrazione dilatata e una esposizione accurata e splendidamente impreziosita dalla fotografia di Lyle Vincent, la regista ha definito il suo film “the first iranian vampire spaghetti western” ma in realtà le citazioni sono diverse e la dimensione di luogo (l’Iran) è solo un “falso” pretesto, non basta che la pellicola sia recitata da attori di origine iraniana e in lingua farsi.
Perché la vera protagonista della storia è la città di Bad City, un luogo anacronistico e fuori dal tempo, un posto di perdizione dove regna un male oscuro e non meglio definito, i pochi personaggi che si muovono in questa città deserta sembrano non avere meta, come topi persi in un gigantesco labirinto senza uscita, un labirinto il cui fulcro centrale è rappresentato da una fossa comune che si riempie di cadaveri.
In questo scenario cupo e privo di speranza scoppia un sentimento profondo (amore?) tra la ragazza vampira e il giovane Arash, il loro primo incontro ironizza sui miti e sui contrasti delle apparenze, Arash reduce da una festa in maschera e strafatto si presenta vestito da Dracula, la ragazza con il suo skate lo guarda e se lo porta a casa per ucciderlo, ma sulle note di Death (White Lies) decide infine di non farlo.
E’ l’inizio di un piccolo spiraglio di romanticismo, come in una favola dark di Tim Burton (molto ci ho visto dell’opera del genio di Burbank) anche per i freak che “fanno cose cattive” c’è una speranza di redenzione e la possbilità di una fuga, forse anche da Bad City si può fuggire se si è abbastanza forti da provare.
Esordio che sorprende per la tecnica e per il coraggio, la Amirpour che scrive e dirige (adattando un suo corto) sembra aver del talento e una profondità di narrazione non comune, certo non inventa nulla ma restando nei territori del genere sceglie la strada più difficile evitando qualsiasi forma di eccesso o di facile soluzione drammaturgica, proprone invece un film lento ma di un fascino quasi ipnotico, delicato e a tratti emozionante, notevole e molto azzeccata la scelta della OST musicale che ricopre un ruolo fondamentale e che dona al film momenti che restano dentro.
Voto: 7.5
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