Regia di Brian Yuzna vedi scheda film
“È proprio così noioso essere ricchi?”
Beverly Hills, California, 1989: Bill Whitney (Billy Warlock) è un adolescente popolare e piacione della Los Angeles più sfavillante e viziata, con tanto di fidanzata bionda, Jeep e una candidatura come rappresentante degli studenti alla Beverly Hills Academy: in linea di massima, un 17enne non dovrebbe avere altro da chiedere alla vita.
Certo, Bill è anche costretto alle cure del dottor Cleveland (Ben Slack) per qualche disagio psicologico, poiché timoroso in generale del prossimo e, in particolar modo, della sua famiglia, verso cui nutre la paura che possano far parte di una astrusa comunità orgiastica.
Qualche tiro mancino subìto di troppo e la pulce nell'orecchio messagli dall'amico Blanchard (Tim Bartell), poi vittima di un incidente mortale, tramite una registrazione minano la capacità di Billy di restare a contatto con la realtà e il dottor Cleveland si vede forzato a prescrivergli degli psicofarmaci.
L'avventura d'amore con la bella Clarissa Carlyn (Devin DeVasquez) non è sufficiente a rimetterlo sui binari giusti: Billy e l'amico Milo (Evan Richards) scoprono di essere vittime della macchinazione di una disgustosa società…
Cosa sarebbe “Society” senza quei favolosi ed evocativi titoli di testa e quella celeberrima mezz'ora finale (peraltro grandguignolesca a suo modo: non c'è una goccia di sangue che sia una…), in cui si toccano i vertici horror, demenziali e satirici del film tutto?
Nel mezzo c'è un B-movie bizzarro e volenteroso, infarcito volutamente di stereotipi per poi scagliarsi con forza contro un'intera società consumista, sfruttatrice e legata all'apparenza, che fagocita i poveri cristi inconsapevoli e che è peraltro degnamente rappresentata da una serie di attori di poco conto, su cui spicca il comunque volitivo protagonista Billy Warlock, di lì a poco divo di “Baywatch” (per dire). Eppure la satira dell'esordiente, seppur non più giovinetto, Brian Yuzna, già produttore dello splendido splatter “Re-animator”, per i tempi risultava coraggiosa e a tratti geniale, per quanto alla fin fine sempliciotta e di grana assai grezza.
Guidato dagli impressionanti effetti speciali del giapponese Screaming Mad George nel pazzesco finale, per la prima ora Yuzna alterna momenti di livello puramente adolescenziale ad altri in cui riesce a dare, a piccoli bocconi ben dispensati, una parvenza di tensione, un'aria di complotto in atto, una sensazione di catastrofe sul punto di scatenarsi. Azzeccando anche le punte umoristiche e qualche personaggio di contorno (come la signora Carlyn), Yuzna confeziona un lavoro che, seppur rivelatosi un disastro negli Stati Uniti (dove venne distribuito solo tre anni dopo il suo completamento) ma ben accolto in Europa, è diventato un piccolo cult del body-horror ai giorni nostri.
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