Regia di Cèline Sciamma vedi scheda film
I film di Sciamma sono racconti dedicati a identità in farsi, a un femminile che può rivestire uno stereotipo, assecondare un’etichetta sociale, lasciarsi definire dall’ambiente, restando comunque irriducibile, singolare, in movimento. Fluido - e c’è acqua, sempre. Tentacolare, come le protagoniste di Naissance des pieuvres. Transgenere, come Tomboy. Sfuggente, e rincorsa dalla mdp in tutti i battiti del cuore, alla ricerca di tutti i colori del buio, dei bagliori delle luci. Come fa Diamante nero (titolo italiano ingenuamente coloniale): la storia di Marieme, dalla banlieue con broncio e furore, con un amore allo stato nascente, un padre che manca e una madre assente, un fratello violento, una scuola che non le interessa. E il rapporto con la sorella, una bande de filles che la coinvolge, che la educa a lasciarsi esprimere dalla retorica della strada, un cambio di nome. E, soprattutto, il corpo, che è il teatro di guerra, il luogo d’elaborazione del mondo. Un film che è il racconto dello scambio tra il sociale e l’individuo, di eventi e reazioni, di cambiamenti interiori che si scorgono sulla superficie. Frammenti d’esistenza, nessuna didascalia, zero moralismo: le banlieusard cantano Rihanna, e la scena è inno di grazia e beltà, non visione apocalittica, post-pasoliniana, di gioventù corrotta e mercificata. Non è solo la nemesi del coming of age e dei suoi canoni fissi, un film contro il mélo sociale lava-coscienza: Diamante nero è anche l’altro lato di Bling Ring.
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