Regia di Cèline Sciamma vedi scheda film
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Film francese di quella Celine Sciamma che ci ricorda un po', per ambientazione della vicenda ed età dei personaggi, il Kechiche de La schivata, oppure, in tema di bande giovanili femminili, l'ultimo film americano di Laurent Cantet Foxfire – Ragazze cattive. Dopo il delicato Tomboy, la Sciamma resta in tema di disagio caratteriale e persino della personalità, intesa come l'antitesi tra l'essere ed il voler essere, ma prende in considerazione una fascia leggermente più adulta di donne: le sedicenni di colore in una Parigi della banlieue fatta di palazzoni grigi e squadrati e parchi appena sforati dal verde che invece campeggia opulento in ogni quartiere resdenziale o centrale cittadino di Francia. Marieme subisce con sempre più insofferenza i divieti e gli obblighi a cui è costretta dalla famiglia, da un fratello prepotente, da coetanee che tendono a dominarla e a renderla succube.
Per questo, coadiuvata da altre tre dinamiche ribelli, decide di farsi valere nei confronti di tutto e di tutti. Il film appare riuscito soprattutto nei dialoghi brillanti e spiritosi che caratterizzano la formazione della squadra, un quartetto variopinto di ragazze che ha deciso di smetterla di subire. E nelle situazioni complici e intime, in cui l'umanità tenera e sensibile di Marieme si scontra con la dura realtà urbana e metropolitana di una città che ti fagocita se non riesci ad importi sugli altri.
Riuscendo ad evitare, almeno in parte, i soliti luoghi comuni della ribellione generazionale che sfocia nella violenza e nel teppismo, Girlhood cerca di prendersi sul serio senza drammatizzare eccessivamente, come sanno fare alla perfezione i ragazzi teen di quella fascia d'età dove l'insofferenza fa a pugni con l'inesauribile ottimismo della gioventù e dell'inesperienza, che inebria e riesce ad allontanare il pensiero desolante dell'inutilità di tutte le lotte per la salvaguardia delle proprie libertà individuali indispensabili.
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