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Viviane

Regia di Shlomi Elkabetz, Ronit Elkabetz vedi scheda film

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La recensione su Viviane

di sasso67
9 stelle

Coloro che pensano che la giustizia in Italia sia lenta e lacunosa dovrebbero vedere questo film.

Coloro che pensano che il fanatismo sia tipico dei musulmani e quindi dei Palestinesi e che invece Israele sia un paese modernamente laico, simile ai paesi europei più avanzati, dovrebbero vedere questo film.

Coloro che stentano a comprendere i tempi lunghi della giustizia penale indiana nell'indagine sui due marò italiani accusati di omicidio dovrebbero vedere questo film.

E soprattutto questo film dovrebbero vederlo gli appassionati di cinema, quello bello, con delle idee da comunicare.

Il film di Ronit e Shlomi Elkabetz (sorella e fratello nella vita, con lei anche protagonista della pellicola) si svolge tutto in un'unica stanza, la sala di un tribunale rabbinico, nella quale si celebra il procedimento per il divorzio di una coppia, richiesto dalla moglie. Pur avendo un campo d'azione così limitato, il film è più che appassionante e ci dice molto sull'arretratezza sociale e giuridica di un paese pseudo moderno e sulla condizione d'inferiorità della donna in certe società e culture che, indipendentemente dall'iconografia della divinità posta sugli altari, faticano ancora ad affrancarsi dal predominio religioso sulle istituzioni sociali e politiche.

Nel suo alternare elementi comico/grotteschi agli aspetti tragici che possono scaturire da un sistema giuridico tanto assurdo, Viviane è un'opera che pare rifarsi alla concezione schiacciante del Potere e della Giustizia di Kafka. A un certo punto, la protagonista sembra un topo in gabbia, senza alcuna via d'uscita. In altri momenti, la soluzione appare a portata di mano, ma stiamo sempre sulle spine, temendo che possa verificarsi l'ennesimo intoppo, l'ennesimo cavillo giuridico, ad intralciare la felice soluzione del processo.

Il problema, dicono gli autori, è che il matrimonio (ma questo istituto può anche essere la metafora di tutta la società) è concepito secondo schemi ormai superati, secondo i quali la moglie deve essere sottomessa al marito e questi ha l'obbligo di provvedere al sostentamento della famiglia e di non usare violenza alla coniuge. È la contravvenzione a questi doveri coniugali che può indurre un tribunale a pronunciare una sentenza di divorzio: tra le cause di divorzio non è prevista la cessazione del rapporto d'amore o d'affetto. Una volta usciti dalla logica dell'amore e del reciproco rispetto nel rapporto di coppia, si può anche non considerare così ridicolo quel terzetto di vecchi bacucchi che si fa chiamare «egregio rabbino».

Elemento decisivo per la riuscita di questo bel film è la bravura degli interpreti, tutti, a cominciare dalla protagonista/regista Ronit Elkabetz, di straordinaria espressività, ma anche l'interprete che fornisce la faccia di tolla al marito (Simon Abkarian) è degno di una menzione.

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