Regia di Peter Bogdanovich vedi scheda film
A tredici anni di distanza da Hollywodd Confidential, Peter Bogdanovich torna a dirigere un lungometraggio, scegliendo di adattare Squirrels to the Nuts, una sua sceneggiatura scritta una quindicina di anni fa per essere interpretata da John Ritter e Cybill Shepherd e rimasta nel cassetto a causa della prematura scomparsa di Ritter nel 2003. Passati gli anni e trovato l'interesse di produttori come Wes Anderson e Noah Baumbach, Squirrels to the Nuts ha cambiato nome ma ha mantenuto inalterato la sua freschezza, trovando in Owen Wilson un perfetto sostituto di Ritter e in Imogen Poots una nuova Shepherd. Attorniati da un cast di prim'ordine che conta su Jennifer Aniston in perfetta forma, su Rhys Ifans in una delle sue ultime interpretazioni riuscite, su un versatilissimo Will Forte e su una rinata Kathryn Hahn (forse mai così bella), i due attori danno vita a uno dei prodotti più freschi che il festival di Venezia abbia in programma quest'anno.
Vincendo le remore di tutto coloro che storcono il naso di fronte alle commedia, She's Funny That Way si rivela uno splendido esercizio di stile a Bogdanovich ricorre per omaggiare la Hollywood degli anni d'oro, quella in cui Frank Capra, Billy Wilder o Howard Hawks, ci regalavano quelle opere che sarebbero state destinata a essere definite come screwball comedy. Giocando con la sospensione dell'assurdo, il regista si diverte a mischiare personaggi e situazioni per raccontare la storia di Izzy, call girl che diventa attrice dopo aver incontrato Arnold, un apprezzato regista teatrale. Intorno a loro, ruotano una serie di personaggi - dalla moglie di Arnold a un giudice ossessionato da Izzy, passando per una nevrotica psicanalista - tutti collegati attraverso escamotage divertenti e mai ridicoli, che servono a ridefinire le linee della storia.
Fedele al motto per cui nonostante New York sia una grande città tutti si conoscono, la storia procede per flashback, partendo da un'intervista che Izzy stessa, ormai famosa attrice legata a un fidanzato discutibile (interpretato in un cameo finale da Quentin Tarantino), concede a una spietata giornalista. Grazie alle sue parole e ai suoi ricordi, inframmentati da citazioni di situazioni e aneddotti sullo star system (si chiamano in causa i nomi di Marilyn Monroe, Lauren Bacall, Katherine Hepburn, e via dicendo) spesso più leggende metropolitane che realtà, si ripercorre l'ultimo periodo della sua vita a partire dall'incontro con il regista Arnold, ottimo direttore che sotto falso nome gradisce la compagnia di professioniste del piacere, tutte donne a cui finisce per cambiare l'esistenza grazie alla sua "beneficienza". Sentendo i sogni di Izzy, Arnold non può fare a meno di regalarle 30 mila dollari con la speranza che lei li usi per formarsi e tentare di sfondare nella recitazione. Poiché il caso vuole che Izzy oltre che bella sia anche preparata, il primo provino di un certo spessore sia proprio con Arnold e con lo spettacolo che sta mettendo in scena assieme alla moglie attrice.
Senza cercare verosomiglianza ma lasciandosi cullare dalla magia del cinema e delle citazioni di lusso (non ultima quella sui titoli di coda, in cui viene spiegato il perché degli "scoiattoli alle teste di rapa"), Bogdanovich usa gli attori senza trasformarli mai in macchiette e, grazie a una serie di battute e miserunderstanding fulminanti e continui, regala 90 minuti di pura goduria cinematografica in grado di sospendere il tempo e di ricatapultarci in una dimensione recitativa e di scrittura ormai troppo lontana e in grado di farci credere che si possano realizzare commedie senza essere necessariamente volgari o sconclusionati.
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