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L'assassino abita al 21

Regia di Henri-Georges Clouzot vedi scheda film

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La recensione su L'assassino abita al 21

di alan smithee
7 stelle

H-G. CLOUZOT

Parigi è terrorizzata da un po’ di tempo dalle efferate gesta di un omicida seriale, che firma i suoi omicidi lasciando un biglietto firmato come “Monsieur Durand”.

Il capo della polizia, pressato a risolvere la spinosa questione, stressa a sua volta il suo commissario di punta, Wenceslas Wens, che si mette all’opera ma cerca di dileguarsi dal suo capo oppressivo ed ottusamente insistente. L’uomo scopre presto che l’assassino quasi certamente si nasconde a Montmartre, presso la pensione Le Mimose, e per questo vede di introdursi tra la fauna ospitata addentro alla struttura, indagando ognuno degli eccentrici personaggi che la abitano.

Riuscirà brillantemente a risolvere la questione, mentre le morti continuano ad aver luogo, sempre più efferate ed attuate con tecniche sprezzanti nei confronti di chi cura le indagini e dell’autorità, non senza una clamorosa sorpresa finale.

Un thriller scoppiettante, ironico, pieno di siparietti cabarettistici strafottenti e pimpanti che lo rendono anomalo, bizzarro ma anche appassionante: così si presenta questo esordio nella regia del grande cineasta francese Henri-Georges Clouzot (che continuerà a manifestare una certa ossessione nei confronti del crimine firmato nel successivo tormentato e dalla gestazione problematica “Il Corvo”), che tuttavia ci sorprende con riprese dalle soggettive mobili, che seguono morbosamente l’assassino, entrando nelle sue gesta, impadronendosi del suo spazio visivo per infierire direttamente – noi del pubblico – sulle povere vittime, partecipi, complici nostro malgrado delle efferate gesta dell’abile assassino.

Bei personaggi di contorno, macchiette ironiche che ben si prestano a fornirci un ritratto di un’epoca ormai lontana, ove la miseria acuiva lo sviluppo dell’arte di arrangiarsi e la malizia, celata entro un bon ton tutto apparenza, svelava retroscena ben differenti alle timorate apparenze rese indispensabili da un’etichetta intransigente almeno a livello formale.

Frizzante e di grande charme risulta la presenza divistica apportata dall’attore protagonista, un aitante Pierre Fresnay, che tiene testa tra ironia e movenze scattanti a tutta la truppa colorita degli ospiti della famigerata ma nonostante tutto allegra locanda, e alla peperina incontenibile verve canterina di Suzy Delair, ai tempi compagna del regista ed oggi centunenne attrice più longeva di Francia.

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