Regia di Mike Cahill (II) vedi scheda film
Non sono le idee a mancare al giovane regista Mike Cahill, dispensatore di una fantascienza dal volto umano, nella quale il precedente e fortunato Another earth chiedeva di contenere un possibile compromesso fra realtà scientifica futuribile con l’arrivo nell’universo di un pianeta simile al nostro con spiritualità e sentimenti. I origins sembra voler continuare il discorso che se nel primo film restava adeguatamente sospeso e poco decifrabile, in questo che appare come una sua sviluppata appendice non risparmia soluzioni. Jan, giovane e brillante ricercatore studia la possibilità che la riproduzione identica degli occhi fra persone differenti nasconda l’origine della vita, assimilando in periodi diversi memoria e reazioni del portatore primario di quel tipo di iride. Nel frattempo vive una fulminea storia d’amore con Sofi, una ragazza molto diversa e lontana dagli interessi dello scienziato e della sua affiatata assistente Karen. Cahill, oltre che la sua laurea in economia, si dichiara appassionato di astronomia e del cinema di Kieslowski al quale talvolta viene accostato con qualche non facile volo pindarico. Non è tanto per il riferimento alla messa a confronto fra i massimi sistemi scientifici e spirituali, ma nel mettere al centro della vicenda l’uomo come artefice e protagonista del cambiamento, lasciando su di un piano inferiore il vissuto reale, la quotidianità che il maestro polacco invece teneva molto più in considerazione. L’assunto del racconto è dunque fantascientifico, tuttavia la fase di studio e di elaborazione e scoperta delle teorie di Jan risulta la più interessante. La storia d’amore con Sofi invece denuncia parecchi punti deboli perché troppo strumentalmente portata a schierarsi su di una posizione antitetica a quella dei due ricercatori Jan e Karen. Che poi una semplice storia d’amore rappresenti agli occhi degli altri una banalità a scapito dell’eccezionalità di chi la vive non richiede troppi sforzi di immedesimazione, ma tutto il suo sviluppo che toccherà anche Karen appare un poco pretestuoso e forzato. I origins non perde comunque l’attenzione dello spettatore, garantita sia da una buona prova d’attore di Michael Pitt nel ruolo di Jan, ma soprattutto da una composizione estetica e cromatica coinvolgente, ritmi scanditi da un ferreo montaggio sequenziale, elementi peraltro già presenti con rilievo nel film precedente che denotano nell’autore una certa abilità di rappresentazione. Defilati restano i caratteri dei personaggi, in particolare del duo Jan e Karen, ricondotti dentro stereotipi consueti dello studioso, convinti, serissimi e compunti, con occhiali d’ordinanza che non mollano mai secondo il proprio ruolo sociale e la loro più severa funzione simbolica. Mentre Sofi non li porta, Karen li dismetterà in un punto preciso della vicenda, Jan imperterrito (li indossa anche quando fa l’amore) continuerà a definirsi più secondo la sua maschera che non secondo il suo volto, e nell’equilibrio del racconto questa parte, sottolineata dalla sua azione, indebolisce un poco la struttura del film, rinunciando cioè ad un certo agnosticismo in favore di una tesi troppo ben confezionata.
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