Regia di Phil Lord, Chris Miller vedi scheda film
Dopo il successo di 21 jump street, il seguito era praticamente inevitabile; l’esperienza ha portato qualche consiglio, indubbiamente funziona meglio, ma dai fantasiosi registi Phil Lord e Chris Miller, autori di Piovono polpette e soprattutto The lego movie, sembra comunque un risultato abbastanza misero.
Dopo un’azione fallimentare, Jenko (Channing Tatum) e Schmidt (Jonah Hill) tornano a operare sotto copertura, questa volta in un college, per catturare uno spacciatore.
Oltre al caso da risolvere, la situazione è resa ancora più complicata dal rapporto tra i due, incrinato dall’amicizia di Jenko con Zook (Wyatt Russell) e dall’amore di Schmidt verso Maya (Amber Stevens).
Al momento giusto, sapranno ritrovare la strada maestra?
Quella inoltrata pocanzi, è ovviamente una domanda puramente retorica, non sono certo queste le sorprese da attendersi da un film come 22 jump street realizzato in qualunque caso con diverse ambizioni in più rispetto al fortunato 21 jump street.
Dopo un’introduzione action alla Michael Bay che fa temere il peggio, ecco il college, uno spazio che tra le confraternite, camerate, football americano, alcol e sesso, garantisce un maggior campo d’azione per installare battute e situazioni improbabili.
Casca così una pioggia di umorismo, che spesso si aggira negli ambiti del ridicolo, con una scarsa pulizia formale e una qualità media discutibile; come afferma Jenko, l’improvvisazione non è sicurezza di giubilo al pari di una battuta scritta e magari sperimentata e qui s’improvvisa un po’ troppo.
In ogni caso, vengono introdotte alcune variazioni piuttosto utili; troviamo parallelismi tra atletismo e goffaggine, un improbabile rapporto padre/figlia, un’amicizia/collaborazione messa in dubbio da un terzo incomodo e anche un semplice gioco al falso colpevole.
Inoltre, Jonah Hill e Channing Tatum sembrano crederci sul serio e al di là di qualunque altra considerazione formano una coppia affiatata, mentre Amber Stevens sembra una giovane Zoe Saldana (quindi, stupenda) e Jillian Bell è un’insolita, un fulmine a ciel sereno.
Ma il vero regalo giunge, anche se fuori tempo massimo, sui titoli di coda, un surplus creativo che monta in rapida successione infinite variazioni al tema e camei lanciati in maniera furiosa, ad esempio di Seth Rogen, per un film che non vuole ingannare - il suo pubblico lo trova e lo conquista (carta canta, vedi il box office americano) - ma che sembra essere maggiormente orientato alla quantità anziché sulla qualità.
Sgangherato ma anche abbastanza divertente (soprattutto per un pubblico giovane).
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