Regia di Anne Fontaine vedi scheda film
Il 32esimo Torino Film Festival è iniziato ufficialmente questa sera 21 novembre, presso L'Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto.
Film d'apertura GEMMA BOVERY, della regista francese degli amori impossibili, Anne Fontaine, che anche qui non si smentisce.
L'autrice del contestatissimo (sin troppo) ed improbabile (quello si sicuro) "Two Mothers" e del sin troppo sopravvalutato "Il mio peggior incubo", ci porta tra il verde lussureggiante e sinuoso della Normandia, in vecchie case di pietra e mattone con quei tetti a picco che hanno reso l'edilizia del posto inconfondibile e imitatissima, anche a sproposito, un po' ovunque,
In una cittadina tranquilla il cinquantenne Martin, ex parigino tornato sette anni prima nella terra d'origine a fare il panettiere per recuperare le tracce del suo passato altrimenti in via di evanescenza, scopre un giorno che la casa a lui confinante, da anni abbandonata, è stata acquistata da una giovane ed affascinante coppia di sposi inglesi trasferitisi in Francia per svolgere la professione di antiquari e restauratori. La cosa sconvolgente, almeno per Martin, è che la nuova vicina, bella come poche e seducente a tal punto da risvegliare in lui istinti primordiali da tempo ritenuti ormai estinti dopo una vita di famiglia più che ordinaria, porta un nome che non può dimenticarsi: Gemma Bovery.
Per un panettiere letterato ed appassionato come Martin dell'opera-capolavoro di Flaubert, Madame Bovary appunto, quel nome non può rievocare la storia, banale in sé, ma resa strepitosa ed unica da uno dei luminari della letteratura mondiale come il succitato scrittore, di Emma Bovary ed il dramma potente di una donna insoddisfatta in una terra che non sa appagarla e che finisce per suicidarsi dopo mille traversie ed amori contrastati.
Completamente perso dalla bellezza di Gemma, che invece non lo degna che di attenzioni dettate dalla cortesia e dalla sincera riconoscenza per quel vicino gentile e servizievole che la aiuta altresì ad apprendere la lingua, Martin si troverà a seguire la donna, intercettando le tresche e le sue storie intime che davvero ripercorrono, attualizzate all'oggi, la tragedia del capolavoro flaubertiano.
Il 32esimo Torino Film Festival è iniziato ufficialmente questa sera 21 novembre, presso L'Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto.
Film d'apertura GEMMA BOVERY, della regista francese degli amori impossibili, Anne Fontaine, che anche qui non si smentisce.
L'autrice del contestatissimo (sin troppo) ed improbabile (quello si sicuro) "Two Mothers" e del sin troppo sopravvalutato "Il mio peggior incubo", ci porta tra il verde lussureggiante e sinuoso della Normandia, in vecchie case di pietra e mattone con quei tetti a picco che hanno reso l'edilizia del posto inconfondibile e imitatissima, anche a sproposito, un po' ovunque,
In una cittadina tranquilla il cinquantenne Martin, ex parigino tornato sette anni prima nella terra d'origine a fare il panettiere per recuperare le tracce del suo passato altrimenti in via di evanescenza, scopre un giorno che la casa a lui confinante, da anni abbandonata, è stata acquistata da una giovane ed affascinante coppia di sposi inglesi trasferitisi in Francia per svolgere la professione di antiquari e restauratori. La cosa sconvolgente, almeno per Martin, è che la nuova vicina, bella come poche e seducente a tal punto da risvegliare in lui istinti primordiali da tempo ritenuti ormai estinti dopo una vita di famiglia più che ordinaria, porta un nome che non può dimenticarsi: Gemma Bovery.
Per un panettiere letterato ed appassionato come Martin dell'opera-capolavoro di Flaubert, Madame Bovary appunto, quel nome non può rievocare la storia, banale in sé, ma resa strepitosa ed unica da uno dei luminari della letteratura mondiale come il succitato scrittore, di Emma Bovary ed il dramma potente di una donna insoddisfatta in una terra che non sa appagarla e che finisce per suicidarsi dopo mille traversie ed amori contrastati.
Completamente perso dalla bellezza di Gemma, che invece non lo degna che di attenzioni dettate dalla cortesia e dalla sincera riconoscenza per quel vicino gentile e servizievole che la aiuta altresì ad apprendere la lingua, Martin si troverà a seguire la donna, intercettando le tresche e le sue storie intime che davvero ripercorrono, attualizzate all'oggi, la tragedia del capolavoro flaubertiano.
Tanto più che la giovane donna, terrorizzata dai ratti, dichiara con tranquillità la sua decisione di acquistare l'arsenico per eliminarli, e facendo trasalire il suo premuroso vicino, che ben conosce la vicenda tragica del romanzo involontariamente portato in scena dalle vicissitudini della vita.
Motivo in più per dare una svolta a quella moderna tragedia, per evitare il peggio.
“La vita a volte imita l'arte”, ma a volte gli scherzi crudeli del destino sono ancora più imprevedibili di un percorso letterario ben noto e tragico: il risultato non cambia, ma cambiano le modalità, sfiorando il grottesco e inducendo il nevrotico e caratteriale Martin a sentirsi doppiamente in colpa.
Lungi dal voler svelare ogni altarino, la gradevole, civettuola commedia “colta” si sviluppa senza rinunciare a carinerie inutili, come quella di esaltare oltremodo la capacità dei francesi di panificare (ma il nostro di pane, quello delle mille sfaccettature e tradizioni territoriali, i francesi l'hanno mai assaggiato che fanno sempre i primi della classe?), ma ha dalla sua un piglio scattante ed un gruppo di interpreti che la rendono quanto meno riuscita e gradevole, con quel filo sottile inevitabile di amarezza che aleggia attorno, inevitabile quando si deve attualizzare una tragedia annunciata come quella del capolavoro del celebre scrittore francese.
Fabrice Luchini giganteggia come d'abitudine, isterico e rissoso, ma proprio per questo impagabile con quei suoi occhioni cerulei perennemente spalancati e persi tra le forme irresistibili della procace Gemma Arterton: bellezza di burro plasmato con le fattezze e la precisione di un Donatello, la bella attrice è perfetta ad impersonare la “dea di tutti i giorni”, quella che tutti adorano, ma che tutti si lasciano scappare, fino a pentirsene amaramente.
Tanto più che la giovane donna, terrorizzata dai ratti, dichiara con tranquillità la sua decisione di acquistare l'arsenico per eliminarli, e facendo trasalire il suo premuroso vicino, che ben conosce la vicenda tragica del romanzo involontariamente portato in scena dalle vicissitudini della vita.
Motivo in più per dare una svolta a quella moderna tragedia, per evitare il peggio.
“La vita a volte imita l'arte”, ma a volte gli scherzi crudeli del destino sono ancora più imprevedibili di un percorso letterario ben noto e tragico: il risultato non cambia, ma cambiano le modalità, sfiorando il grottesco e inducendo il nevrotico e caratteriale Martin a sentirsi doppiamente in colpa.
Lungi dal voler svelare ogni altarino, la gradevole, civettuola commedia “colta” si sviluppa senza rinunciare a carinerie inutili, come quella di esaltare oltremodo la capacità dei francesi di panificare (ma il nostro di pane, quello delle mille sfaccettature e tradizioni territoriali, i francesi l'hanno mai assaggiato che fanno sempre i primi della classe?), ma ha dalla sua un piglio scattante ed un gruppo di interpreti che la rendono quanto meno riuscita e gradevole, con quel filo sottile inevitabile di amarezza che aleggia attorno, inevitabile quando si deve attualizzare una tragedia annunciata come quella del capolavoro del celebre scrittore francese.
Fabrice Luchini giganteggia come d'abitudine, isterico e rissoso, ma proprio per questo impagabile con quei suoi occhioni cerulei perennemente spalancati e persi tra le forme irresistibili della procace Gemma Arterton: bellezza di burro plasmato con le fattezze e la precisione di un Donatello, la bella attrice è perfetta ad impersonare la “dea di tutti i giorni”, quella che tutti adorano, ma che tutti si lasciano scappare, fino a pentirsene amaramente.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta