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Gemma Bovery

Regia di Anne Fontaine vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Gemma Bovery

di laulilla
8 stelle

Presentato con successo al TFF del 2014 è ora reperibile in Streaming

Ormai stanco della vita parigina, nonché dei finti stracci del suo abbigliamento da bobo (bourgeois-bohemien), Martin Joubert (Fabrice Luchini) aveva deciso di dedicarsi per davvero alla vita semplice e schietta, secondo il dettato della natura e non della moda, e si era perciò trasferito in Normandia dove aveva riaperto la panetteria di famiglia abbandonata da molto tempo. Nessun rimpianto per la vita di Parigi: lontano dai veleni dell’aria e delle false amicizie, egli aveva imparato a impastare e panificare in modo eccellente le più varie farine biologiche, mescolandole con arte sopraffina, e, inoltre, nel verde selvaggio di quella regione, aveva potuto dedicarsi placidamente alla lettura e rilettura del suo amatissimo Flaubert, avvantaggiandosi della serenità di quella vita solitaria, ora che anche la pace dei sensi gli sembrava raggiunta. Erano comparsi, però, a turbare la sua esistenza tranquilla, due coniugi inglesi, che, alla ricerca anch’essi di una vita meno caotica e più naturale, avevano acquistato una casa proprio vicina alla sua, i signori Bovery: un uomo alquanto insignificante lui, Charlie (Jason Fleming); una giovane donna bella e sensuale lei, Gemma (Gemma Arterton).
Che i loro nomi evocassero quelli di Charles ed Emma Bovary appare evidente a chiunque; per un flaubertiano appassionato come Martin, però, quei nomi erano segnali quasi certi che la storia già scritta ora si stava inverando davanti ai suoi occhi, proprio in quella Normandia nella quale lo scrittore l’aveva concepita. In quello spazio, dunque, Emma e Charles rivivevano nella coppia di inglesi, che parevano riprodurne quasi il carattere e i comportamenti.

Martin seguiva gli sviluppi dei loro rapporti prevedendoli e manifestava un sentimento un po’ geloso e un po’ preoccupato osservando gli amori adulterini di lei, nella convinzione che alla fine, come Emma nel romanzo, anche Gemma avrebbe posto fine alla propria vita avvelenandosi coll’arsenico. Proprio per evitare questa morte annunciata, egli aveva predisposto una strategia, che infine si era rivelata del tutto inutile, se non dannosa, poiché la sorte della donna sarebbe stata decisa soprattutto dall’insipienza grottesca sua e di altri due uomini, tutti e tre, in modo diverso, innamorati di lei.

 

 

 

 

Gemma Bovery è un piccolo film assai sofisticato: Anne Fontaine, la regista, si ispira alla Grafic Novel – che è diventato un libro tradotto anche in italiano da cui deriva il titolo – della fumettista inglese Posy Simmonds, a sua volta, ispirata al romanzo di Flaubert.


Con molta abilità la regista ha benissimo utilizzato le doti espressive di due attori eccellenti: Fabrice Luchini, non nuovo nel ruolo dell’uomo solitario amante della letteratura che si interroga sul rapporto fra arte e vita (Molière in bicicletta – Nella casa) e Gemma Arterton, che già in Tamara Drewe, aveva interpretato la parte della donna fascinosa che arrivata in un paesetto tranquillo, era riuscita a turbare la vita dei suoi abitanti.

La regista, che ha narrato la vicenda con ironia raffinata e indulgente, ha dato vita a un film che è anche un gioco sottile di citazioni e di rimandi all’opera flaubertiana, di cui spesso proprio Luchini-Martin rovescia con grazia il significato, consegnandoci, infine, un’opera equilibrata, divertente e molto godibile, dall’inizio alla fine.

 

 

Recensione del 2 febbraio 2015, aggiornata dopo aver rivisto il film. 

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