Regia di Adam Wingard vedi scheda film
Dopo “You’re next” (2013), Adam Wingard (prendendo di qua e di là) prova a fare qualcosa di più (e/o diverso), ed in parte ci riesce anche, però pare farsi prendere troppo la mano e più il film prosegue e più si perde per strada (o ne trova una meno ricevibile, questo a seconda dei casi).
Una famiglia piange ancora il proprio ragazzo caduto in una missione militare, quando si presenta un giovanotto (Dan Stevens) alla porta di casa che dice di aver trascorso tanto tempo insieme a lui al fronte.
Viene accolto con affetto, ma ben presto la sua indole violenta viene alla luce, tanto che nessuno è più al sicuro e pure le forze speciali americane arriveranno in forze nel tentativo di eliminarlo prima che sia troppo tardi.
Film difficile da classificare, sottilmente inquietante almeno fin quando non esplode la violenza più bieca, non che questo debba essere un male a prescindere (anzi, nella fattispecie niente da dire), ma ad un certo punto si perde ogni coordinata.
Diventa, tra l’altro volutamente, inverosimile all’ennesima potenza, a quel punto viene fatta una proposta netta allo spettatore, ovvero stare al gioco senza compromessi o rinnegare nettamente tutto ciò che si vede.
Personalmente rimango nel limbo, anche se più spinto verso la negatività; la scelta registica è coraggiosa, ma coltivata con superficialità, il protagonista sembra un Ryan Gosling dei poveri (cit. M Valdemar), per di più la cosa migliore, e non di poco, di tutto rimane la colonna sonora, davvero maestosa e omni presente che pare richiamare apertamente “Drive”, per cui anche la citazione precedente assume un ulteriore sapore (o.s.t. da ascoltare assolutamente).
Ma la deriva “non sense” diviene sempre più opprimente (i tempi di “Commando” sono lontani), in tal senso il finale è una spada di Damocle che inesorabilmente cala sulla testa dei protagonisti e degli spettatori, già tagliando l’ultima scena tutto il film avrebbe avuto, almeno leggermente, un senso un po’ migliore (invece così pare il solito “ci rivediamo prossimamente, non è finita così”).
Non un filmaccio fatto e finito, ma purtroppo si perde troppo nelle sue esagerazioni senza riuscire a coltivare pienamente l’ansia che la figura del protagonista avrebbe potuto/dovuto rendere imprendibile.
Discutibile (in questo caso una sparuta minoranza immagino che lo amerà incondizionatamente).
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