Regia di Ugo Tognazzi vedi scheda film
Terza regia di Ugo Tognazzi, dopo "Il mantenuto" e "Il fischio al naso", scritto da Tonino Guerra, Franco Indovina, e Luigi Malerba, narra la parabola masochista-servile di Oscar, ometto al servizio totale di un avvocato intrallazzone e arraffa-denaro, che ci viene presentato disposto ad andare in carcere per sottrarvi il suo datore di lavoro, reo di aver causato un incidente costato la vita a quindici cinesi. Successivamente, il poveraccio, dopo tre anni ospite delle italiche prigioni, esce e viene "fatto sposare" all'amante del suo boss, il quale così fuga i sospetti della pressante moglie, e si gode la bella ragazza; il protagonista è costretto a vivere in case di lusso, senza il becco di un quattrino, si innamora della "moglie per forza", con la quale si può far vedere solo in pubblico, e viene messo di mezzo dall'avvocato, entrato nella costruzione di una nave, che affonda, anche se fa incassare i soldi di un'assicurazione previamente stipulata, tornando infine in galera. Racconto di un uomo senza storia, nè dignità nè nerbo, che è in pratica un fantoccio nelle mani di un farabutto, che arriva a raccontarsi di essere comunque felice, pur risultando a più riprese un uomo rovinato, "Sissignore" è una commedia velenosa, che non cerca più di tanto di far ridere lo spettatore. Tognazzi regista è più attento ai temi scelti che alle scelte estetiche, pur risultando un diligente impaginatore: nessuno dei suoi titoli è sbagliato, così come nessuno è catalogabile come un film del tutto riuscito. Qui si modera molto come interprete, lasciando più campo all'aggressivo Moschin, che ritroverà qualche anno dopo come compare in "Amici miei".
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