Regia di Ugo Tognazzi vedi scheda film
Lavoro fra il grottesco ed il claustrofobico (in un aggettivo: kafkiano), seguendo tematiche che Tognazzi ha fatto e farà sue pure ne Il fischio al naso e ne I viaggiatori della sera. Una forte sferzata satirica anticapitalista muove i fili del discorso di Sissignore: se il denaro significa potere e controllo delle vite altrui, tanto vale rassegnarsi e pronunciare la fatidica parolina del titolo. Una trama serrata e macchinosa, un'interpretazione a due (Tognazzi e Moschin) superba, una regia che rifugge dal facile egocentrismo classico dell'attore dietro la macchina da presa. Intrigante, cupo, spigoloso.
L'autista di un potente avvocato passa tre anni in carcere al posto del suo capo; all'uscita viene ricompensato con una laurea in ingegneria, un posto da amministratore delegato di una ditta di bevande ed una bella moglie. La laurea è ovviamente fasulla, la moglie è fittizia perchè se la spupazza soltanto l'avvocato, il lavoro è una copertura per frodare l'assicurazione: ormai rassegnatosi ad una vita controllata da altri, il pover'uomo si accolla spontaneamente anche questa responsabilità e ritorna in carcere.
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