Regia di Ugo Tognazzi vedi scheda film
Un film assurdamente cinico, che è la definizione cinematografica, a tutto tondo, del concetto di fantoccio come "alter ego subalterno". Un incubo kitsch che splendidamente riassume le degenerazioni della società dell'immagine ed i giochi perversi del potere economico. L'autista Oscar Pettini ne è la vittima designata, il cui destino si compie lungo la linea indistinta in cui l'ingenuità si confonde con la sfortuna. Lo sviluppo del racconto che, in un film meno valido, potrebbe esaurirsi in una piatta rassegna di abusi e sventure, si fa, invece, sempre più coinvolgente, fino a renderci in qualche modo partecipi dell'amarezza del protagonista e del suo progressivo scivolamento verso la nevrosi. "Sissignore" è un'opera spiccatamente creativa, che sa essere brillante, originale e caustica pur evitando del tutto le iperboli e le accelerazioni tipiche di certa satira. A queste Ugo Tognazzi preferisce un vivace collage di situazioni a tema, che riesce a comporre in un quadro plausibile e armonioso, senza spezzettature narrative. Al posto della caricatura, egli pone una lente di ingrandimento, che sceglie ed evidenzia i dettagli, senza deformare l'insieme. Il suo è un "realismo mirato", una sorta di "florilegio del vissuto" che, a fronte dell'attuale situazione dello spettacolo di intrattenimento, potrebbe, a tutt'oggi, fare scuola.
La regia aderisce perfettamente alla visione pacifica ed accomodante, e finanche moderatamente gioiosa, del protagonista, di colui che è avvezzo a subire di buon grado. L'occhio della cinepresa si mette a scintillare soltanto nei pochi istanti di stupore, per poi proseguire il suo tranquillo viaggio, attraverso le multiformi circostanze della storia, con quel benevolo distacco che è proprio di ogni lieta rassegnazione.
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