Regia di Taika Waititi, Jemaine Clement vedi scheda film
Dubbi e debolezze di quattro amici attraverso la visione di un demenziale falso documentario.
Un documentario sulla vita di quattro amici ed il loro mondo, il mondo dei vampiri.
Spesso la tecnica del falso documentario è una scusa per mettere da parte gusto ed accorgimenti tecnici, quasi come il regista avesse poca fiducia nei propri mezzi preferendo approfittarne con quel sotterfugio. In “Vita da vampiro” invece è il contrario perché dal falso documentario si cerca di creare il gusto vero e proprio, cioè la consapevolezza nei propri mezzi è tale da riuscire a sviscerare dall’imitazione d’una tecnica registica grossolana per definizione l’atmosfera e la quadratura tipica del racconto filmico. Questo pretesto di racconto non deriva dalla moda o da un sotterfugio stilistico ma, guardandolo, è chiaramente la tecnica più efficace nelle intenzioni di chi l’ha fatto per mettere in scena questa vicenda, effettivamente funziona poi dato che le invenzioni e gli sviluppi filano che è una favola.
La realtà vene fuori meglio che in altre rappresentazioni con magari la pretesa di spiegarla, con magari quattro ore di facce e di primi piani immobili intenti a parlare degli affari loro. E? proprio il paradosso che per assurdo sviscera la realtà perché queste situazioni ironiche nascono proprio dal fatto che in realtà sono comunissime, il problema sta nel fatto di avere tre vampiri invece di tre amici presi dalle loro questioni col lavoro e con le donne. Si apre poi un mondo magico anche di lupi, streghe e quant’altro dove però le situazioni sono quelle comuni di tutti i giorni, dove i lupo mannaro fa il finto buono e dove il servo del vampiro in realtà è un cinico arrampicare sociale. C’è tutto dai rapporti sociali d’amicizia ed amorosi, dalle stupidaggini fatte tra amici ai drammi fino alla messa in nudo sostanzialmente dell’uomo; il punto è che magicamente qui si è riusciti a mettere queste cose insieme al livello però della più esagerata demenzialità.
Insomma il Dracula di Coppola, quello di Bela Lugosi, Nosferatu, quello alla “Intervista col vampiro” e l’Eward di Twilight tutti insieme per un’esliarante rappresentazione leggera ma cinica dell’uomo.
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