Regia di Eskil Vogt vedi scheda film
Ingrid (Ellen Dorrit Petersen), a causa della cecità improvvisa, si rifugia sempre più nella propria casa con il suo coniuge, che viene e va dal lavoro, mentre lei, nella sua solitudine, affonda in un viaggio introspettivo, fino a costruire nella sua mente percorsi immaginari di esistenze solitarie che non riescono a incontrarsi, quasi fossero la conferma che la realtà stessa da cui rifugge non ha niente di sensato per cui valga la pena di essere vissuta. In questo immaginario che ruota intorno a se stesso si sfoga tutta la solitudine di Ingrid, la quale riesce, sempre nelle sue visioni, a mandare in frantumi il suo matrimonio. La destrezza di Vogt è la sua capacità di slittare tra l'onirico e il reale quasi come se le due dimensioni finissero per confondersi, al punto che anche la realtà stessa sembra non essere così buonista come pretende di essere, perchè appena Ingrid decide di ritornare alla realtà, lo dovra fare riprendendo tutto sulle sue spalle, come se le sue visioni strazianti non avessero alcun diritto di asilo. Tutto quel che è Ingrid deve rimanere dentro Ingrid, anche se il mondo che le sta attorno, a partire dal marito, non lo sa o fa finta di non vedere, con le sue dolci e prosaiche premure quotidiane che, oltretutto, in un modo contraddittorio, vorrebbero spingere Ingrid a uscire da sè... In questo fim emerge in maniera vivida ed esistenziale il dramma della solitudine, vissuta visceralmente, nella carne...
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