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Blackhat

Regia di Michael Mann vedi scheda film

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La recensione su Blackhat

di YellowBastard
6 stelle

Blackhat è un film complesso e anche affascinante ma, a mio parere, non completamente riuscito.
Nonostante una trama lineare, estremamente chiara e semplicistica soprattutto riguardo a un tema (il crimine informatico) piuttosto difficile e complesso, mi sembra comunque chiaro che non è il racconto o la storia stessa il "cuore" del film come nemmeno il maggior interesse del grande cineasta americano, almeno non in questa particolare occasione.

 

Blackhat: spiegazione del finale del film - Cinematographe.it

 

In realtà certe mancanze, se così vogliamo chiamarle, credo siano state volutamente lasciate dallo stesso Michael Mann, sempre meno interessato a quel genere di racconto tradizionale o ai doveri di un semplice narratore per puntare invece su un racconto più minimalista ed essenziale, e amplificando al contempo immagini, suoni e silenzi, ambientazioni e quanto di solito è normalmente considerato di contorno alla storia stessa.
Conseguentemente a questo la storia si dilata invece di contrarsi, sembra perdersi invece di trovare coerenza e diventa inusuale, quando non estremamente difficile, legarsi affettivamente alla vicenda o ai personaggi in quanto è la storia stessa a perdere di importanza, e questo indipendentemente dalla capacità tecnica e stilistica, indubbiamente notevole, dell'opera.

Il tema della "caccia all'uomo", inoltre, non è certo inedito nel cinema di Mann.
Anzi, è proprio sulla dialettica tra "criminale" e "poliziotto" che Mann ha costruito i suoi lavori migliori, quello dove non è il lato della barricata dal quale si opera (legalità o illegalità, giusto o sbagliato e via discorrendo) a definirli come uomini ma è il modo con cui rimangono fedeli a se stessi e alle proprie emozioni oltre a quali sacrifici e rischi siano disposti a correre pur di rimanervi fedeli.

In questo caso, poi, il "criminale" e il "poliziotto" convergono in un unico personaggio, rendendo inpraticabile un confronto se non attraverso le riflessioni e i dubbi espressi dal protagonista interpretato (molto bene) da Chris Hemsworth.

 

Inoltre la caccia nel film è, in pratica, a un "fantasma". Quasi letteralmente.

La natura stessa del reato informatico, realizzato attraverso il traffico di informazioni, di codici di accesso a banche dati mondiali o stringhe di codici da decriptare in una realtà virtuale inaccessibile se non a pochi "adepti", rende praticamente impossibile un confronto reale e diretto tra "preda" e "cacciatore" ed è proprio questa mancanza, così importante nella poetica di Mann, che si avverte terribilmente.

 

Blackhat – [FILMGRAB]


In Blackhat tutto è costruito dalla prospettiva del "cacciatore", dal gruppo della taskforce Cina/USA e soprattutto dall'hacker Hathaway, e la "preda" (che viene banalmente motivato solo ed esclusivamente dal "vile" denaro) viene relegato solo a un confronto finale reso, cinematograficamente parlando, come qualcosa di scontato. Quasi irrilevante.

Rispetto al "contenuto" nel cinema più recente di Mann è la "forma" ad assumere sempre più maggiore importanza.

E Blackhat non ne è che l’ultimo esempio.

Prendere o lasciare.

 

VOTO: 6,5

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