Regia di Michael Mann vedi scheda film
Un hacker cattivo, il Blackhat del titolo definitivo (in origine era Cyber), Sadak (Yorick van Wageningen), riesce a sabotare il funzionamento di un reattore nucleare in Cina e, contemporaneamente, a modificare il prezzo sul mercato della soia: è l'inizio di una caccia spietata e all'ultimo sangue tra le due opposte fazioni che si formano, il cyberterrorista e i suoi adepti da un lato e un pool di agenti, che chiede il contributo, che si rivelerà decisivo, ad un 'esperto', ossia un altro hacker, Nick Hathaway (Chris Hemsworth), che, al momento, si trova in prigione per un grosso giro di carte di credito falsificate, dall'altro.
Tra inseguimenti, pedinamenti e ricerche digitali, la lotta si sposta sul terreno più concreto delle sparatorie e dei corpo a corpo, per arrivare ad una conclusione che provocherà grossi spargimenti di sangue e mieterà molte vittime in ambedue gli schieramenti.
Dopo una pausa di ben sei anni, Michael Mann torna, con 'Blackhat', dietro la macchina da presa, girando un film interamente in digitale, scritto da Morgan Davis Foehl, che vede le prestigiose collaborazioni di Stuart Dryburgh in qualità di direttore della fotografia e di Harry Gregson-Williams, Atticus e Leopold Ross, autori delle martellanti e ipnotiche musiche.
Il risultato è un thriller cybernetico che va oltre le coordinate del genere, scrivendo pagine di cinema memorabile, ma non privo di qualche smagliatura che ne intacca, sia pur di poco, il valore complessivo dell'opera. Michael Mann prosegue un percorso iniziato più di trent'anni fa - lo splendido esordio al cinema, 'Strade violente' è del 1981 - partendo da un genere ben definito - noir, poliziesco, thriller ma anche avventura e biopic - per poi perseguire le sue idee di un cinema fatto di uomini che hanno visioni diametralmente opposte dell'esistenza e che, il più delle volte, alla fine, arrivano ad una resa dei conti in cui uno dei due ci rimetterà la propria vita: e quindi Nick e Sadak altri non sono che dei 'replicanti' di Hawkeye (Daniel Day-Lewis) e Magua (Wes Studi) in 'L'ultimo dei Mohicani', il tenente Vincent Hanna (Al Pacino) e il gangster Neil McCauley (Robert De Niro) in 'Heat', il taxista Max (Jamie Foxx) e il killer Vincent (Tom Cruise) in 'Collateral' nonché il criminale John Dillinger (Johnny Depp) e il detective Neal Purvis (Christian Bale) in 'Nemico pubblico'.
L'autore originario di Chicago struttura il suo film - la cui sceneggiatura, non esente da falle, è poco più di un pretesto, di un McGuffin - alternando momenti dove il ritmo è compassato in cui si privilegia l'analisi del profilo psicologico dei vari personaggi, ad altri dove ci sono sussulti e vertiginosi crescendo di tensione e ritmo, con l'azione e la violenza che la fan da padroni incontrastati in un mondo dominato dal caos.
Almeno quattro le sequenze da mandare a memoria:
l'incipit con l'attacco cibernetico dell'hacker, un nemico invisibile, difficile da stanare e quindi da fronteggiare e combattere;
La sparatoria che coinvolge 'buoni' e 'cattivi' tra il tunnel ed il porto, costruita con grande attenzione e precisione sui colori usati, in gran parte diverse tonalità di grigio, e sulle forme, cubi e parallelepipedi inquadrati;
Quella fantastica - per me la migliore di tutto il film - dell'altro scontro a fuoco con ben tre elementi dalla parte del 'bene' che rimangono sul terreno, strutturata anch'essa con perizia encomiabile e con una scelta narrativa molto coraggiosa;
Il corpo a corpo finale tra i due hacker che si fronteggiano in un combattimento all'arma bianca, nel bel mezzo di una folla che sta seguendo una cerimonia rituale.
Il risultato dal punta di vista visivo è eccellente ma non esente da pecche, che vanno ricercate in primo luogo in quelle cosiddette 'licenze poetiche' - se così si può dire - presenti nello script, come ad esempio quando al protagonista basta un cappellino e lo sguardo abbassato per entrare indisturbato dove vuole nonostante la sua mole lo contraddistingua da chiunque altro, la fantasiosità con cui si possa far passare milioni di dollari da un conto all'altro e la facilità di passare inosservati di fronte a delle telecamere funzionanti ed in secondo luogo proprio in alcune scelte a livello di cast: a mio avviso sono più i comprimari a brillare - come Il Mark Jessup di Holt McCallany, la Carol Barrett della sempre brava Viola Davis o il 'cattivone' Kassar di Ritchie Coster - che coloro su cui ruota il film, cioè gli hacker antagonisti, con il blackhat di Yorick van Wageningen che sconta la poca 'visibiltà' nel corso del film e, una volta apparso, un certo bozzettismo e il 'buono' interpretato da Chris Hemsworth, che ha dalla sua una strabordante fisicità ma non certo una gamma espressiva molto ampia, che appiattisce un po' la portata del personaggio, un antieroe dai molti lati oscuri che impersonato da attori dotati di ben altro curriculum (avrei visto bene Leonardo Di Caprio) avrebbe magari regalato una prova sensazionale.
Un piccolo neo va ricercato anche nella sottotrama sentimentale tra Nick e Wei Tang (Chen Lien, attrice non memorabile, il cui doppiaggio orientaleggiante affievolisce la sua prova, già di per sè poco vibrante), storia che pare nata più dalle circostanze fortuite e portata avanti senza picchi emotivi, quasi come se al regista interessasse ben altro.
Tali difetti comunque, all'interno di un'opera così ricca, limitano il valore del film solo parzialmente ma non spiegano la ritrosia di gran parte della critica americana, che ha bocciato la pellicola, e il fiasco totale dal punto di vista del pubblico, con incassi ai minimi termini sia in USA sia in Italia, con la desolante cifra (al momento) di 348.000 Euro da noi e una distribuzione cervellotica su tutto il nostro territorio.
Mi auguro che questo flop in termini soprattutto finanziari non precluda il prosieguo della carriera di un maestro come Michael Mann, uno dei pochi cineasti del panorama americano, tra gli altri mi vengono in mente Scorsese, Malick e Eastwood, le cui uscite dovrebbero essere degli 'eventi'.
Voto: 8.
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