Regia di Masao Adachi vedi scheda film
Tecnicamente direi che è ben fatto. E' un film a metà tra la finzione e il documentario, con una voce narrante, quella del medico protagonista, che racconta e spiega tutto quello che si vede. I dialoghi sono abbastanza limitati, e il tutto è scorrevole. Comunque è girato sicuramente negli anni '60, e non nel 1996, e di erotismo (vedi scheda) neanche l'ombra.
Ma fin qua ho detto molto poco. E' un film che in molti passi mi ha preso lo stomaco, perché mostra situazioni forti (come ammonisce anche una didascalia iniziale), anche se senza enfasi. Non so se quest'ultima caratteristica aumenti o diminuisca l'orrore.
E' la storia di un ginecologo abortista, che esegue in media tre aborti al giorno. Vengono da lui molte ragazze, alcune ripetutamente. Vengono mostrati anche gli aborti, con inquadratura laterale, dove la vagina rimane fuori campo, ma si vede e si sente molto altro: gli strumenti del dottore, i preparativi dello stesso, i suoi gesti, i suoni (forse la parte più forte). Tra un aborto e l'altro, il ginecologo inizia a riflettere e alla fine "partorisce" un'idea: siccome le persone non sono capaci di disciplinare la propria sessualità, e le donne non fanno che restare incinte senza volerlo, bisogna pensare un sistema per separare i rapporti sessuali dalla procreazione. E' necessario innanzitutto costruire l'utero artificiale, e ne mette a punto uno. Quindi ruba l'embrione di una ragazza (che voleva tenere il bambino), le dice che in realà non era incinta, e lo mette di nascosto nell'utero artificiale. Tutto questo viene mostrato dal regista, e mi domando se quello fosse un embrione vero (la parola embrione non viene mai usata; si dice ripetutamente con un ellissi "ovulo fecondato"). Ciò va avanti finché il dottore non viene scoperto e arrestato, ma gli inquirenti guardano all'idea in realtà con curiosità e forse simpatia. Il dottore si sente martire e viene preso da un delirio di onnipotenza.
Questa la materia, che specie verso la fine non è così diversa da un film dell'orrore dalle parti di "Frankenstein". La posizione del regista nei confronti dell'aborto non viene mai esplicitata, forse perché è già troppo evidente da tutto il contesto. Il problema sembra essere un non problema, una questione già scontata; l'attenzione è sull'obiettivo di separare, come dicevo, sessualità e procreazione.
Niente diritto all'aborto, diritti delle donne, niente battaglie civili e argomenti ben noti in occidente: si tratta solo di evitare la seccatura di abortire tante volte, fare sesso senza pensieri, e affidare la gestazione all'utero artificiale, il che eviterebbe alle donne anche la seccatura del pancione. Il film nel suo insieme rivela un grande cinismo, perché sostanzialmente mette uomo e donna sul piano degli animali, da far accoppiare, figliare, inseminare senza problemi. E poi basta con quel pancione.
Curiosamente (o no?) il dottore non ha nessuna voglia di avere rapporti sessuali, né con la moglie (che gli si offre anelante e sensuale), né con altre.
Non so immaginare che effetto farebbe questo film su una persona abortista, ma credo che anche in quel caso un po' di spazio per orrore e sensazioni sgradevoli dovrebbe esserci. Io, un convinto "anti", l'ho guardato solo per sapere il "discorso", sforzandomi di non spegnere in alcune scene, dove ho però tolto l'audio.
Il giudizio complessivo sul film? Realizzazione tecnica: 4 stellette. Piacevolezza, messaggio, stoffa umana del regista, visione del problema aborto: 1 stelletta. Media: due (o tre).
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