Nella vasta filmografia di colui che per modus operandi e prolificità lavorativa potrebbere essere la versione italiana di Woody Allen, e cioè Pupi Avati, quello dei cosidetti "ragazzi interrotti" costituisce uno dei temi fondamentali della poetica del regista bolognese. Emotivamente fragile e psicologicamente complicata, la gioventù raccontata da Avati risulta quasi sempre una linea temporale che impedisce ai personaggi di crescere e di emanciparsi, determinando così l'infelicità del tempo che rimane. Sul piano pratico le conseguenze di tale tendenza si leggono nella difficoltà dei protagonisti dei suoi film di accettare il normale contesto relazionale, e nella ricerca di rapporti amicali caratterizzati dalla presenza di figure mature e avanti con gli anni.
Come capita perlappunto a Davide Bias (Riccardo Scamarcio), il tormentato protagonista di "Un ragazzo d'ro", film che riporta Avati al presente di un'Italia ritratta attraverso il microcosmo di avvenimenti e personaggi che ruotano intorno al padre del protagonista, Achille, scrittore e sceneggiatore di b movie, improvvisamente scomparso a causa di un incidente automobilistico. Davide infatti, nel tentativo di metabolizzare il lutto che gli ha tolto la possibilità di con l'incapacità del genitore di essergli padre, incomincia un lungo processo di immedesimazione con la figura paterna che lo porterà a lasciare lavoro e fidanzata (una spenta Cristina Capotondi), per tornare a vivere con la propria madre e intrecciare una relazione platonica con una vecchia fiamma del padre, Ludovica (Sharon Stone), affascinante cinquattenne, proprietaria della casa editrice interessata al manoscritto di un libro a cui il genitore stava lavorando.
Deciso a confrontarsi con la crisi della società contemporanea, Avati sceglie di farlo alla sua maniera, lasciando fuori i dibattti e inchieste da rotocalco a favore di un'indagine umana in cui il malessere esistenziale - che appartiene prima di tutto a Davide ma in parte anche a color che gli stanno accanto - e quello patologico, rappresentato dalla grave forma di depressione di cui soffrre il giovane, si intrecciano fino a fondersi in un unico e profondo dolore. Il salto nel vuoto di Davide, con le riflessioni sulla crisi dei valori e sulla paternità mancata che l'accompagnano, diventa quello di una società senza futuro, e in fuga da se stessa, come indicano le parole fuori campo del protagonista che chiudono le porte a qualsiasi possibilità di rinascita, attraverso l'accettazione della malattia e del conflitto permanente.
Preceduto dal battage pubblicitario relativo alla presenza di Sharon Stone, "Un ragazzo d'oro" lascia in secondo piano le doti dell'attrice americana per esaltare quelle di Riccardo Scamarcio, bravo nel trasformare l'umoralità del suo personaggio in una vera e propria alterazione mentale. Non agevolato dalla scrittura di una sceneggiatura troppo leggera nella definizione dei personaggi secondari ed incerta quando si tratta di dare concretezza al decorso clinico della nevrosi, Avati è invece un maestro di sensibilità e delicatezza nel farci sentire il senso di smarrimento che guida la vita dei personaggi. Nero a metà.
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