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Hungry Hearts

Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film

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La recensione su Hungry Hearts

di barabbovich
6 stelle

La domanda che sorge spontanea vendendo il quarto film di Saverio Costanzo, il secondo consecutivo sul tema dell'anoressia è: ma vuoi vedere che questa fissazione sui corpi scarnificati dipende dalla paura che suo figlio debba indossare una camicia coi baffi e che il fidanzamento con scocchiazeppi Rohrwacher abbia alimentato certe fobie? Già, perché dopo il mediocre La solitudine dei numeri primi, uno dei tre film sui quattro realizzati finora a essere tratto da un'opera letteraria, anche stavolta troviamo una desolante storia di amore malato segnato dall'inedia volontaria. Che non è solo quella della madre (Rohrwacher), ma anche quella del "bambino indaco" (titolo del romanzo di Marco Franzoso da cui ha origine il film) che questa ha messo al mondo: un bambino che viene cresciuto nella quasi totale assenza di cibo, nella convinzione che abbia poteri speciali e che vada cresciuto lontano dai medici, dalle proteine e dalla luce del sole. Sicché quell'amore nato nella trappola del bagno di un ristorante cinese si trasforma in un'altra trappola: quella nella quale precipita Jude (interpretato da Adam Driver, già visto in A proposito di Davis), allegorizzata dai grandangolari eccezionalmente spinti e sporchi che esaltano la dimensione claustrofobica della messa in scena (sembrano evidenti i riferimenti a Rosemary's baby e L'inquilino del terzo piano). Un escamotage servirà al padre, pur blandito e innamorato della sua compagna, a portare il piccolo al riparo dalla nonna (Maxwell), fino a quando non interviene la magistratura prima del finale in chiave poliziesca.
Gli spazi chiusi continuano a rimanere l'ossessione di un regista dalle grandi potenzialità: prima la casa di Private, poi il convento di In memoria di me, in seguito quello intimo dei corpi flagellati de La solitudine dei numeri primi e ancora una casa-prigione nel suo primo film americano. Ma stavolta il tema di fondo trova una collocazione incerta (colpa del romanzo?), le ossessioni della madre purificatrice rimangono abbozzate e senza fondamento e il film, che pure pare avere notevoli ambizioni da cinema d'essai, si trasforma nella seconda parte in un thriller banalotto e sbrigativo.
Comunque strameritate le due coppe Volpi alla Mostra di Venezia assegnate ad Adam Driver e ad una Alba Rohrwacher che non sbaglia un colpo.
Premio Pasinetti speciale per la regia alla 71. mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (2014).

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