Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film
Mina (Alba Rohrwacher) e Jude (Adam Driver) si incontrano in una toilette per uomini di un ristorante cinese di New York. Un incontro imbarazzante e simpatico, i due giovani comprendono immediatamente che c'è un feeling tra di loro, e la scena successiva è infatti in una camera da letto. Jude e Mina si sono semplicemente innamorati. L'improvviso avviso di un trasferimento di lavoro per Mina rende Jude insicuro e pensa bene così di “intrappolare” la ragazza con una gravidanza. Mina chiede esplicitamente a Jude di uscire dal suo corpo durante l'amplesso, non viene ascoltata e Mina rimane incinta.
Comincia così con queste due scene distanti, per emozioni e sensazioni, la storia di Mina e Jude, due ragazzi affamati di amore e vittime delle loro paure e insicurezze.
Mina affronta la gravidanza con disagio: non ha fame, non vuole fare le visite mediche di prassi, non vuole sottoporre il proprio bambino a radiazioni o medicinali. Il cibo pare non essere necessario per Mina, che lo minimizza a minuscole dosi per sé, il minimo necessario per la sopravvivenza. Jude d'altro canto si fida delle scelte della moglie, convinto che tutto questo sia solo una fase iniziale di un percorso più lungo.
Purtroppo quando nasce il bambino le cose peggiorano, Mina non lo nutre a sufficienza e il piccolo non cresce, ha continue febbri, non viene portato all'aria aperta e al sole. Jude stesso deve passare ad una sorta di “purificazione” ogni volta che rientra a casa da lavoro, per non infettare di germi il figlio. Mina non mangia e non fa mangiare il suo piccolo, Jude decide di portare di nascosto il bambino dal dottore. Inizia così una vera lotta tra i due su come crescere il figlio e una definitiva perdita di fiducia l'uno nell'altro. Continuano a dirsi che si amano, ma non se lo dimostrano. Amano il bambino ma non riescono a dimostrarlo o forse non lo sanno fare.
Mina non ha mai conosciuto la madre -morta quando lei era troppo piccola- ed è diventata madre senza poterlo scegliere. Ha subito sia la perdita che la nascita dell'amore materno, non sa quindi gestire questo grande amore arrivatole in maniera così improvviso e travolgente. Il suo stesso subconscio le propone un incubo ricorrente in cui un cacciatore uccide un piccolo cerbiatto nella notte quasi ad avvisarla per tutto il periodo della sua gravidanza di un pericolo costante. Mina non si nutre forse perché non ha mai avuto quel nutrimento di amore necessario per crescere.
Jude ha invece tutt'ora una madre, invadente e ansiosa. Una madre da cui è scappato per evitarne il continuo controllo. Ora è lui che ha voluto controllare tutto per troppo amore. Per troppo amore ha messo incinta Mina, per troppo amore verso il bambino lo rapisce per poterlo nutrire.
Film bellissimo, potente e che mi ha lasciata infastidita e disturbata. Per una donna -anche senza figli- l'istinto materno è sempre vigile, viene perciò istintivo “pensare al piccolo”, nonostante tutto non si può non provare tenerezza per Mina, che ama il proprio bambino in una maniera sconosciuta ai più e contemporaneamente provare solidarietà per Jude che vuole salvare il figlio nutrendolo in maniera convenzionale. Mina vuole rintanarsi in casa, quasi fosse un utero materno capace di gestire lei e il suo bimbo speciale, per poter rinascere insieme. Mina è infatti sicura che suo figlio sia un “bambino indaco”, ossia un bambino con capacità speciali, e per questo cerca di tenerlo purificato dalle contaminazioni esterne.
Il linguaggio visivo del film è proprio quello di un horror. La New York che ci viene mostrata mi ha ricordato tantissimo quella di “Rosemary's baby”. La stessa madre di Jude pare una delle streghe del film di Polansky o se non addirittura una delle sorelle Legnani de “La casa dalle finestre che ridono” di Pupi Avati.
Il film da subito è pregno di odori cattivi, di situazioni imbarazzanti, di colori freddi che mettono lo spettatore in uno stato di disagio. La macchina da presa distorce le figure, le rende mostruose, quasi come uno specchio che rifletta le parti intime e più profonde dei personaggi.
In un dei momenti più drammatici, Jude porta il bambino in chiesa per potergli dare da mangiare di nascosto, quasi come un esorcismo estremo nei confronti di un piccolo anticristo.
Un film che gira intorno ai due bravissimi protagonisti (vincitori entrambi della colpa Volpi al Festival di Venezia del 2014 come miglior protagonista maschile e femminile), ma che non utilizza solo i dialoghi e la semplice buona storia per catturare l'attenzione. Si sofferma sui particolari, su piccoli gesti, sulla posizione anomala della macchina da presa, che spia invece di seguire i personaggi e li rende perciò più affamati, più ambigui, più insicuri, più umani. Non prende le parti di un solo personaggio, ma ce li mostra tutti nella loro completezza.
Notevole Roberta Maxwell nella parte della madre di Jude, un ruolo difficile e pieno di ombre. Bella la colonna sonora di Nicola Piovani e bravi e belli i due piccoli bambini che hanno interpretato il figlio di Jude e Mina. Insomma una bella prova di buon cinema italiano.
Un film che sicuramente può e farà discutere. Io l'ho trovato bellissimo, nonostante mi ci sia voluto qualche ora per “digerirlo”.
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