Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film
Il pianosequenza fisso che apre Hungry Hearts è magistrale e dichiara ciò che viene dopo. Un film cervello in forma d’assedio domestico. Si pensa a Polanski per pavlovismo critico. Eppure, se proprio si devono cercare riferimenti esterni, siamo più nei territori coniugali zulawskiani che nella rete delle paranoie polanskiane. Questo per dire solo che Saverio Costanzo è fautore di un cinema adulto. Un cinema che si stacca con orgoglio e veemenza dalla commedia a tutti i costi. Un cinema serio che mira alla testa. Dove non si accettano miracoli. Un cinema dove la gioia di tenere la macchina da presa è tangibile. Costanzo è uno dei pochi in Italia, l’altro è Stefano Sollima, a pensare in forme schiettamente cinematografiche. Memorabile, poi, il lavoro del direttore della fotografia Fabio Cianchetti. Come per L’assedio e The Dreamers di Bertolucci, filma corpi e ambienti con sensualità organica; lo spazio diventa radiografia del sentire mentre il montaggio non lineare di Francesca Calvelli incrina progressivamente il principio di percezione di realtà dei protagonisti. Crudelissimo melodramma chimico (straordinario il modo in cui l’elemento dell’alimentazione diventa traccia di un mondo deprivato), accusato stupidamente di misoginia, mette invece in scena una “femmina folle” vittima di un amore più freddo della morte. Peccato, però, non vederlo anche nelle nostre sale nell’originale versione inglese.
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